“Buon giorno”, disse la volpe. 
“Buon giorno”, rispose gentilmente il piccolo principe, […] “Vieni a giocare con me”, disse la volpe, “non sono addomesticata” […]  “Che cosa vuol dire addomesticare?”
… È una cosa da molto dimenticata. Vuol dire creare dei legami…”.
“Creare dei legami?”.
“ Certo”, disse la volpe. “Tu, fino ad ora per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo”
Antoine de Saint-Exupéry, Il piccolo principe

La capacità di creare legami importanti, sani e stabili è fondamentale per vivere una vita felice.

Molto spesso pazienti e clienti si rivolgono a psicoterapeuti o counsellor lamentando una difficoltà nello stabilire e mantenere delle relazioni (amorose, familiari e lavorative). La richiesta che emerge più frequentemente è “Perché questa relazione non funziona? Cosa sta succedendo? Cosa posso fare?”

A queste domande risponde John Bowlby, lo psicoanalista e psichiatra inglese che per primo ha sviluppato la “teoria dell’attaccamento”. Bowlby definisce l’attaccamento come “ogni forma di comportamento che appare in una persona che riesce ad ottenere o a mantenere la vicinanza a un individuo preferito” (1969). I suoi studi, influenzati da un insieme di teorie psicologiche, arricchiti dall’osservazione del comportamento animale e validati da una serie di esperimenti, si sono basati sull’analisi delle relazioni precoci che il bambino sviluppa nei primi anni di vita.

La capacità di attaccamento si definisce infatti nei primi anni di vita in relazione alle figure di attaccamento, come la madre. L’attaccamento, dice Bowlby, avrebbe la finalità (biologica) di far sopravvivere il bambino, di mantenere la vicinanza della madre o del caregiver e di ottenerne la protezione, generando così un senso di sicurezza interno (psicologico).

A seconda del tipo di relazione che madre – o caregiver – e bambino instaurano, l’attaccamento potrà esser definito come:

  • sicuro
  • ambivalente
  • evitante
  • disorganizzato.

Nei “legami sicuri” la madre – o il caregiver – ha funzione di “base sicura” e favorisce un equilibrio flessibile e dinamico tra bisogno di esplorazione e bisogno di attaccamento del bambino. Tale rapporto  configurerà la sua “matrice relazionale”, ossia il modello per le sue relazioni future, che poi riutilizzerà in modo inconsapevole nel resto della vita.

Una consulenza con un terapeuta esperto in età evolutiva può aiutare il genitore o la figura di attaccamento a capire se alcuni sintomi relazionali del bambino, come pianti interminabili alla separazione, fasi di angoscia, disinteresse e distanza, fino all’ immobilità o al terrore, siano “fisiologici” per lo sviluppo oppure siano segnali di un disagio più profondo.

Lo psicoterapeuta può guidare i genitori nel leggere i comportamenti propri e dei propri figli e aiutarli a ristabilire una serenità familiare. Ma la consulenza terapeutica è utile anche per gli adulti che vogliono risolvere le loro problematiche relazionali. Infatti la relazione che il neonato instaura con la madre o con il caregiver influenza l’organizzazione della personalità da adulto, ovvero la visione di se stesso e del mondo.

È importante quindi prendere consapevolezza da un punto di vista cognitivo ed emotivo delle modalità con cui ci relazioniamo con gli altri  perché solo così può avvenire un cambiamento profondo di noi, proprio come quando ci innamoriamo profondamente.

Ma se tu mi addomestichi la mia vita sarà come illuminata. Conoscerò il rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri.
Gli altri passi mi faranno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica.
(A. d. S-E.)
Image: “Quaker Hugs” by Mike Goren is licensed under CC BY 2.0