Quando si è confusi e spaventati compare una tendenza naturale della nostra psiche che è quella di ricercare risposte confermanti, motivanti, il cui potere risiede in metafore capaci di illustrare il mondo alle nostri parti interiori con una rinnovata semplicità e speranza. Siamo portati in queste situazioni ad affidarci (ma in alcuni casi a ribellarci) a una leadership, a una categoria di persone, a una teoria, a un qualcosa che sentiamo di non mettere in discussione, così che questo “oggetto” messianico possa garantirci la salvezza nell’affrontare pericoli e incertezze. Lo stiamo vedendo in questi giorni della pandemia in cui la figura del medico è l’equivalente di quella del salvatore, ma lo si è visto anche nella comparsa di un insieme di “decaloghi” molti suggeriti da psicologi, che indicano una lista di comportamenti e buone pratiche, poi riprese anche dagli organi ufficiali, e che diventano “oggetti” rassicuranti.

La motivazione umana da sempre è stata, per così dire, classificata in bisogni primari, secondari, bisogni sociali e bisogni del sé. Uno dei modelli più noti in psicologia sociale è la piramide dei bisogni di Maslow (1954).
L’autore afferma che i bisogni umani possono essere organizzati in gruppi, la cui scala è determinata dalla distanza dalle esigenze biologiche dell’organismo, cioè dai suoi bisogni primari. Se alla base troviamo bisogni fisiologici (respirare, cibarsi, dormire), al secondo livello ci sono i bisogni di sicurezza, cioè la ricerca di situazioni che ci garantiscono la protezione. Il terzo gruppo comprende i bisogni di appartenenza e di amore, sentirsi parte di un gruppo, cooperare con gli altri, vivere l’amore. Al piano successivo c’è il bisogno di riconoscimento o stima, che consiste nell’esigenza di veder riconosciute le proprie competenze e i propri meriti. Quando abbiamo scalato tutti questi piani accediamo al bisogno di realizzazione di sé, sentirsi capaci di apprezzare la vita, viverla nella sua pienezza e rendere così felice il tuo psicoterapeuta! La terapia sarebbe a quel punto riuscita e il paziente guarito. Maslow afferma quindi che per raggiungere un gradino superiore di questa piramide deve essere prima raggiunto quello antecedente.
Commuove vedere oggi medici, infermieri e personale sanitario di corsia gioire del solo raggiungimento del primo gruppo di bisogni, quelli fisiologici, quelli che segnalano che il paziente ha vinto o sta vincendo la sua lotta personale contro questo terribile virus. Quel primo e unico scalino che permette a ognuno di noi di potersi rialzare.

Lo psicologo americano George Everly (2020), esperto nella psicologia d’emergenza, ci invita tuttavia a riflettere e a mettere in discussione questo “oggetto” teorico, affermando che l’appartenenza e la cooperazione sono fondamentali e dunque cooperare diventa necessario per poter soddisfare il nostro bisogno di sicurezza.

In situazioni di crisi il terzo scalino diventa fondamentale per raggiungere il secondo.

Lo sperimentiamo naturalmente nel passaggio adolescenziale; cambiare scuola, conoscere nuovi professori, entrare in contatto con i desideri sessuali sono tutte situazioni nuove, che possono terrorizzare: il senso di minaccia che incutono si può tuttavia ridurre sviluppando l’amicizia e l’appartenenza a gruppi di coetanei. “Insieme”, nell’appartenenza, riusciamo a recuperare un vissuto di sicurezza. Proprio questo ci sta dimostrando la nostra epoca.
Oggi forse occorre ricordare quello che un tempo abbiamo vissuto come naturale: dobbiamo invertire i due “scalini”.

Non credo che per tutti #andràtuttobene, sia un modello rassicurante. Chi ha perso affetti o chi il lavoro, non sa con certezza in questo momento di potersi rialzare. Chiunque abbia vissuto un lutto o una perdita non è in grado in questi primi momenti di avere la certezza di uscirne. Questo dipenderà dalle persone, dal tempo e da quel famoso terzo scalino di Maslow. Nell’appartenenza, nelle comunità e nella reciprocità, ogni singola persona potrà giocarsi la carta per rialzarsi. Non da sola.
Non abbiate fretta di tornare sul quarto gradino, quello del riconoscimento di sé, perché saltare le basi di questa scala conduce inevitabilmente al narcisismo e in queste condizioni la realizzazione di sé a discapito degli altri diventa illusoria, fragile ed effimera. Cerchiamo qualcosa che ci faccia sentire di appartenere all’altro, sia perché è chiaro che occuparsi degli altri ci distoglie momentaneamente dai nostri problemi, sia perché nel reale vissuto di reciprocità troviamo non un pubblico ma l’umanità, la nostra e quella degli altri.

Bibliografia
Maslow A. H. (1954) Motivation and Personality. New York: Harper
Sirigatti S. (1995) Manuale di Psicologia Generale. Torino: UTET
Everly G. PhD (2020) Psychological First Aid. Coursera – Johns Hopkins University – [https://www.coursera.org/learn/psychological-first-aid#about]

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