Oggi il narcisismo sembra essere un fenomeno di “moda”.
La cultura nella quale attualmente viviamo da una parte, sembra esaltare questo tipo di comportamenti, spesso associati al successo e alla fama di personaggi pubblici. Al contempo assistiamo però ad una stigmatizzazione di questi stessi comportamenti, che si esprime in un giudizio morale negativo tale da portare alla diffusione di veri e propri “manuali” per difendersi da questo “fenomeno” che da psicologico sembra essere diventato solamente culturale e “di costume”. Ad esempio (link) si suggerisce di fidarsi del proprio istinto e di stabilire dei chiari confini per non lasciarsi manipolare ed in ultima analisi stare a debita distanza perché le persone narcisistiche non cambiano.

Si genera così un’ambivalenza nella percezione comune del fenomeno. In questo passaggio, il significato più propriamente clinico associato a questo termine sembra lasciare il passo ad una lettura più culturale, che tende a nascondere la dimensione di sofferenza e fragilità che invece alla patologia narcisistica sono strettamente legate.

Ma cosa si intende per personalità narcisistica?

In accordo con la letteratura scientifica (Kernberg, Kohut, Mc Willams, Bleichmar) esistono varie modalità di funzionamento narcisistico, tali per cui le persone possono esprimere modalità di comportamento apertamente grandiose (le più conosciute forme di narcisismo sono caratterizzate da fantasie di successo, uso e manipolazione dell’altro e scarsa empatia) o all’opposto possono esprimere un funzionamento tipicamente più ritirato che denota comunque, seppure in forma diversa, un aspetto di questo stesso disturbo.

Secondo lo psicoanalista argentino Bleichmar, un’ampia gamma di sintomi che vanno dalla fobia sociale all’anoressia, al sadismo fino appunto alle “condotte grandiose” rappresenta un insieme di difese narcisistiche che cercano di compensare un profondo sentimento di inferiorità e/o vergogna, insoddisfazione verso sé, vuoto, noia e impotenza.

L’intrecciarsi di questi disturbi indica che queste patologie si strutturano a partire da un deficit (carenze nelle funzioni di cura e attaccamento da parte dei caregiver) e/o da conflitti (il/i caregiver diventano in questo caso oggetti persecutori e abusanti in una situazione apertamente traumatica). Nel narcisismo si attua un funzionamento psichico che esprime la predominanza ora dell’uno, ora dell’altro aspetto.

La tipologia che risponde al modello interpretativo del conflitto è una tipologia più aggressiva, definita “narcisismo inconsapevole”. Si esprime in un senso grandioso di importanza (esagerare i risultati o il proprio talento), nella percezione di sé come un essere speciale e unico che può essere capito solo da altre persone speciali e da una continua richiesta di ammirazione e sfruttamento delle altre persone per i propri scopi.

Una seconda tipologia di personalità narcisistica, più “vulnerabile”, è rappresentata dal “narcisismo ipervigile”, che si esprime in sentimenti di vergogna, un senso continuo di inferiorità, bassa stima di sé, e nella ricerca continua di approvazione (a differenza dell’ammirazione che contraddistingue il primo tipo). Questa tipologia risponde maggiormente al modello del deficit.

Narcisismo e rotture

Quello che colpisce è l’emersione di questi tratti nelle relazioni “affettive” (sentimentali, amicali, ecc..), in particolare quando la relazione si avvia ad un termine o ad una rottura.

Di fronte ad una separazione una personalità narcisista può avere due reazioni tipiche.

In un caso, i soggetti privati dell’oggetto esterno (il partner, l’amico..) che aveva inconsciamente o meno sostenuto il loro narcisismo, si troveranno a fare affidamento al proprio rigido giudizio interno, per dimostrare di valere di più di questa persona che si è allontanata che quindi tratteranno con disprezzo e svalutazione.

In un secondo caso, che appunto sollecita i tratti dipendenti dell’altro, il termine della relazione viene vissuto prevalentemente come un mancato raggiungimento di un’ambizione. Il mantenimento del rapporto in questo caso viene visto come un risultato tranquillizzante rispetto alle forti conflittualità e critiche interne. Per cui perdendo un sostegno capace di contrastare i dolorosi sentimenti interni di invidia e gelosia, l’individuo andrà incontro ad una temporanea forma regressiva di dipendenza, ricercando il partner e dichiarandosi trasformato, risultando umile e affettuoso, perché solo con la presenza del partner si placano i sentimenti negativi interni.

È importante, in questi rapporti così complessi, chiedersi se dalla o dalle relazioni che viviamo stiamo cercando processi di “cura” (“se stai con me ti saprò curare” – “se sto con te, mi curerò”) o una più completa realizzazione di noi stessi e degli altri. Piuttosto che evitare questi processi è significativo capirli, comprenderli, per instaurare relazioni sia con gli altri che con noi stessi il più autentiche e intime possibili.

image credit: https://vimeo.com/121497721

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