Anna Emanuela Tangolo

Giugno 2006

Il potenziale terapeutico espresso dai vari stadi di sviluppo ed evoluzione del gruppo.

Introduzione

Nella letteratura della psicoterapia di gruppo esistono due correnti di pensiero dominanti. La prima comprende quelle psicoterapie che si focalizzano sul gruppo come unica unità, come intero, delle quali Foulkes è il maggior rappresentante. La seconda corrente comprende psicoterapie che si indirizzano al fare psicoterapia con gli individui del gruppo. Questo secondo approccio è stato diffuso soprattutto attraverso i filmati di Fritz Perls in terapie Gestalt di gruppo indirizzate ai singoli individui. In “Principi di Trattamento di Gruppo / Principles of Group Treatment”(1966) Berne evidenziava 4 differenti modi di far terapia di gruppo: terapia di supporto (supportive therapy), terapia analitica di gruppo (group analytic therapy), terapia psicoanalitica in gruppo (psychoanalytic therapy) e analisi transnazionale. Certamente l’AT offre un metodo unico di usare il gruppo per lavorare sui copioni individuali. Le analisi delle transizioni, i giochi e le terapie sullo stato dell’ego condotte fra il cliente individuale e lo psicoterapeuta possono essere decisamente aiutate, focalizzate e rafforzate dall’utilizzo delle rappresentazioni delle relazioni fra i membri del gruppo (così come fra membri e psicoterapeuta) e dalle modalità con le quali l’individuo esteriorizza il suo oggetto intrapsichico. In questo modo il “materiale vivente” delle loro interazioni può essere usato direttamente, può essere interpretato, spiegato e confrontato in modo psicoterapeutico. Questo è stato certamente, il terreno fertile dello scritto più popolare di Berne “Games People Play /A che gioco giochiamo”.

Il concetto di Berne dell’immagine (imago) di gruppo che si sviluppa in stage/stadi/livelli (1963) offre una cornice che aiuta l’esperienza e il suo potenziale di guarigione. Questo capitolo compara l’idea dell’aggiustamento dell’immagine del gruppo con gli stadi dello sviluppo del gruppo, come concettualizzato da Tuckman (1965) e Lacoursiere (1980). Utilizza il diagramma delle dinamiche di gruppo di Berne per spiegare la natura dei processi coinvolti nei diversi stadi. Considera inoltre alcuni dei compiti (tasks) più importanti dei leader di gruppo nei diversi stadi, siano essi formatori, consulenti organizzativi o psicoterapeuti di gruppo. Infine, esplora i comportamenti più costruttivi e più distruttivi dei leader di gruppo nei diversi stadi, basandosi su una ampia indagine strutturata in un arco di tempo superiore ai dieci anni e condotta su centinaia di terapeuti nei campi del lavoro di gruppo, della consulenza organizzativa e della psicoterapia di gruppo. Non intende essere una argomentazione definitiva, ma incoraggia i lettori a cooperare nello sviluppo di questa specifica area dell’analisi transnazionale.

 

Il gruppo come intero

Gli esseri umani sono nati in gruppo, vivono in gruppo ed esistono attraverso il gruppo. Come leader di gruppi – come psicoterapeuti, formatori o manager – abbiamo a che fare con persone che sono già state formate ed influenzate dalle loro precedenti esperienze di gruppo. È importante capire questo concetto in relazione al processo che il gruppo segue, al come si forma e ai suoi sviluppi nel tempo. Lo psicoterapeuta di gruppo opera in questo microcosmo dell’esistenza umana laddove esiste il maggior potenziale di distruzione e il maggior potenziale di guarigione. Alcuni dei cambiamenti più importanti nella storia dell’umanità (nel bene e nel male) sono avvenuti attraverso singoli individui che hanno

2unito le loro forze nel gruppo. Visto che la prima esposizione al gruppo dell’essere umano è la sua famiglia è proprio qui che si forma la prima matrice per le più profonde ferite, o per i più duraturi permessi. Il gruppo allora è il più potente veicolo per il cambiamento sia degli individui che della società. “Il bisogno del contatto sociale e la fame di strutture temporali possono essere definiti come i motivi precedenti la formazione del gruppo. Uno scopo del formarsi, dell’unirsi e del modificarsi dei gruppi risiede nel prevenire il loro deterioramento biologico, psicologico e morale. Poche persone sono capaci di “ricaricarsi da soli le batterie”, di risollevarsi dalle loro débâcle psicologiche e di mantenere alti i loro principi morali senza assistenza dall’esterno” (Berne, 1963:217).

Il contributo di Berne alla terapia di gruppo fu lo sviluppo del sistema dell’analisi transazionale come mezzo per il cambiamento individuale all’interno del gruppo. Ma Berne fu anche interessato alla teoria del processo di gruppo e al fenomeno del gruppo come intero, come unità, che Foulkes (1951) e altri hanno studiato. Berne ha sottolineato come ogni gruppo sia dotato di una propria cultura distintiva, che include il bon- ton del gruppo (etiquette), la cultura tecnica e il carattere del gruppo. Queste categorie descrittive del gruppo come intero corrispondono agli aspetti dell’individuo di Genitore, Adulto e Bambino. Quindi il gruppo intero, o l’intera organizzazione, può essere evidenziata sotto forma di diagramma PAC; come ha indicato Jongoward (1973).

Questa distintiva configurazione della personalità del gruppo come intero è più della somma degli attributi dei singoli individui. Ogni terapeuta esperto in gruppi può testimoniare come gruppi diversi sembra abbiano personalità diverse che mandano messaggi differenti al terapeuta. Il gruppo-come- intero forma una entità unica e caratteristica che resiste nel tempo e, come verrà poi mostrato, si evolve in prevedibili stadi di sviluppo o maturazione. I gruppi possono essere più o meno “malati”, sani, energici, pensierosi, preoccupati o afflitti dal senso di colpa. In un gruppo di madri, per esempio, lo psicoterapeuta è spesso sottoposto a messaggi di livello psicologico “devi sentirti in colpa come noi” ogniqualvolta pianifichi una vacanza (sebbene a livello sociale le domande delle madri ruotino soltanto attorno al tema delle date o delle sessioni annullate). Un gruppo può essere definito come un insieme di individui che interagiscono l’un l’altro per uno scopo apparentemente comune.

La nozione di “scopo apparentemente comune” si riferisce al fatto che sebbene ci possa essere una definizione condivisa a livello sociale dei compiti del gruppo, a livello psicologico possono esserci anche molti altri livelli di obiettivi in conflitto, confluenti e complementari rispetto ai primi. La particolare Gestalt (interezza) di tutti i messaggi di livello psicologico dei diversi membri, determina l’entità psicologica collettiva del gruppo. Ogni gruppo può identificare e accordarsi consensualmente sulla struttura pubblica/ public structure (Berne 1963:327) del gruppo ma la struttura collettiva privata dell’intero gruppo è molto più complessa e labile dal punto di vista del suo sviluppo. La cattiva gestione dei periodi critici della vita di gruppo può influire sul suo stesso futuro funzionamento così come avviene nel caso di un ruolo genitoriale inefficace che influisce sullo sviluppo sociale e psicologico dell’individuo.

Sebbene molti autori abbiano considerato gli stadi, le fasi o i cicli nella formazione di un gruppo è davvero importante sottolineare con enfasi come questi stadi non debbano essere visti come distintamente separati l’un dall’altro. In un gruppo, come un gruppo formativo o un gruppo messo insieme con uno scopo specifico e i cui membri rimangono gli stessi dall’inizio alla fine, le diverse fasi sono solitamente piuttosto riconoscibili. Questi modelli in un gruppo maturo sono prevedibili e possono essere percepiti da un osservatore allenato sia in un corso di formazione dalla durata di tre anni che in un incontro di un’ora e mezza. La conoscenza di queste fasi è pertanto importante e potenzialmente utile ad ogni persona che sia membro o leader di un gruppo di individui con praticamente qualsiasi scopo concepibile (dal crescere bambini al dirigere una dimostrazione contro il nucleare, al portare avanti un gruppo di auto-aiuto). Anche nel gruppo chiuso della psicoterapia gli stadi prevedibili possono essere agevolmente osservati quando i membri del gruppo rimangono ragionevolmente stabili e non si realizzano cambiamenti di composizione notevoli. Se vengono introdotti nel gruppo alcuni nuovi individui, il gruppo avrà bisogno di regredire ad un livello precedente e meno sviluppato di funzionamento e il leader del gruppo, o il terapeuta del gruppo, dovrà forse aiutare il gruppo a ripercorrere nuovamente i diversi stadi.. Questo processo non è dissimile da quello del riunire due famiglie in una “famiglia allargata” (stepfamily), processo che quasi necessariamente comporta ri-lavorare sull’identità, gestire i conflitti, le regole e i valori prima che i membri della famiglia possano raggiungere un effettivo e ben funzionante livello di interazione. Una comprensione teorica di questi stadi/livelli può aiutare lo psicoterapeuta a concettualizzare quei fenomeni di gruppo che comportano dinamiche sconcertanti e può aiutarlo a discriminare fra le diverse tecniche ed i differenti interventi da attuare. Egli può inoltre trovare supporto nell’esperienza dei primi pionieri in materia, coloro che, prima di lui, affrontarono simili momenti di ansietà, disperazione, piacere o dolore. Collegare i diversi stadi/livelli/stages delle dinamiche di gruppo al concetto dell’immagine del gruppo (group imago) può aiutare a trovare un senso nel come l’esperienza di gruppo si ricolleghi a quella dell’individuo.

 

Immagine del gruppo/Group Imago

Berne definisce l’immagine del gruppo (group imago) come “qualsiasi disegno mentale, conscio, preconscio o inconscio, di quello che un gruppo è o di come dovrebbe essere” (Berne, 1963:321). L’immagine del gruppo esiste in queLlo che BerNe definisce la struttura privata del gruppo, basata sui bisogni, l’esperienza, i desideri e le emozioni personali di ogni individuo. Sebbene sia percepita differentemente dai diversi membri nelle diverse fasi del gruppo, l’aggiustamento dell’immagine è il processo manifestato nei diversi ed osservabili, stadi del gruppo.

 

Il primo stadio dello sviluppo del gruppo: l’immagine provvisoria del gruppo

“Dovrebbe ora essere chiaro che ogni membro all’inizio entra nel gruppo con:

1) un bisogno biologico di stimolazione;

2) un bisogno psicologico per la struttura temporale;

3) un bisogno sociale di intimità;

4) un bisogno nostalgico per transazioni modellizzate;

5) un insieme provvisorio di aspettative basate sull’esperienza passata. Il suo compito è allora quello di adeguare questi bisogni e aspettative alla realtà che ha di fronte” (Berne, 1963: 221).

Prima di entrare nel gruppo o prima che il gruppo venga attivato, gli individui si formano la loro personale ed individuale immagine del gruppo (aspettative pre-consce) basandosi sulle loro fantasie ed esperienze precedenti con gruppi (includendo fra questi le famiglie di origine). L’immagine provvisoria del gruppo è adeguata per strutturare il tempo attraverso i rituali. I rituali sono interazioni che mettiamo in atto in maniera pre-programmata, ad esempio un saluto. In questo stadio gli individui si preoccupano della natura e dei confini del compito del gruppo, hanno idee sulle regole di base e aspettative inerenti i limiti del comportamento -ciò che è accettabile e ciò che non lo è- basati sulle esperienze passate. Secondo Berne il focus, l’attenzione principale, viene posta nella preoccupazione con il, e nella dipendenza dal, leader e nel come il soggetto si pone rispetto al leader. Questo focus, questa attenzione sul leader, viene illustrata nell’immagine del gruppo attraverso il posizionare il leader nello spazio superiore. E’ interessante notare come questo posizionamento del leader corrisponda alla proiezione dell’immagine individuale della figura genitoriale e come gli spazi indicati da Berne, rappresentino simbolicamente gli spazi nei quali gli individui possono proiettare le immagini dei loro nonni, delle loro sorelle, dei loro insegnanti e così via. “in un piccolo gruppo, il trasferimento centrale è sul monitor ma esiste anche il trasferimento laterale dei partecipanti l’un con l’altro. Ciò è causato dal fatto che in un piccolo gruppo i partecipanti possono conoscersi rapidamente. Esiste poi un terzo tipo di trasferimento, più difficile da discernere, analizzare ed interpretare: il trasferimento dei partecipanti (e il controtrasferimento sul monitor) sul piccolo gruppo inteso come oggetto od identità” (Anzieu, 1984: 227).

Nella terminologia di Tuckman il primo stadio, che apparentemente corrisponde al processo dell’iniziare a testare i raggruppamenti provvisori rispetto alla realtà, è quello che lui definisce come “forming/formarsi”. “I gruppi inizialmente si occupano di orientarsi attraverso, principalmente, il testarsi. Questi test servono ad identificare i confini sia interpersonali che relativi ai compiti di comportamento. Coincide con il test a livello interpersonale lo stabilire relazioni di dipendenza con i leader, gli altri membri del gruppo o gli standard preesistenti. Si può dire che l’orientamento, il testare e la dipendenza costituiscono il processo di gruppo del “forming/formarsi”. (Tuckman, 1965:396)

 

I compiti della leadership

Il processo attraverso il quale l’immagine provvisoria del gruppo cambia è influenzato dalle caratteristiche dei suoi membri ma anche dai comportamenti e dai compiti di chi esercita la leadership. In questo stadio i compiti prioritari del leader sono quello di avere a che fare con il processo esterno del gruppo e il definire i principali confini esterni ed interni del gruppo. Per garantire la sopravvivenza del gruppo è necessario stabilire un confine fisico e psicologico esterno al gruppo, solido e sicuro. Simbolicamente infatti il terapeuta ha bisogno di creare un contenitore entro il quale le energie possono essere indirizzate verso i processi interni di guarigione (salvaguardato dalle pressioni esterne). Esiste la necessità assoluta di contratti chiari fra i membri del gruppo, il leader del gruppo, i membri del gruppo l’un con l’altro e il leader del gruppo con il suo supervisore, i suoi colleghi la sua agenzia. Il confine esterno include lo spazio fisico in cui il gruppo ha la propria vita. Berne (1963) descrive un confine esterno. E’ importante ricordare che il confine avrà implicazioni psicologiche importanti per i membri del gruppo. Secondo Gurowitz, il confine esterno è in gran parte una funzione del confine interno che lui equipara alla potenza del leader. Di conseguenza un compito della leadership sarebbe quello di creare un confine interno forte e chiaro, che il gruppo può sperimentare come barriera per le intrusioni esterne. “In un gruppo con debole confine interno, il confine esterno è visto come un recinto che confina i membri in uno spazio insicuro” (Gurowitz, 1975: 184). Uno dei più importanti fattori nella definizione del confine interno è lo stato psicologico del leader o dello psicoterapeuta di gruppo. Altri compiti essenziali del leader sono il definire chi è dentro e chi è fuori e chi comanda (chi è in posizione di potere). Queste considerazioni definiscono e salvaguardano i confini esterni. Quasi ogni gruppo che si incontra regolarmente si focalizzerà sui membri assenti fino a quando tutti sono stati appropriatamente considerati. Dopo aver stabilito che Giorgio è in Svizzera, che May ha portato il marito in ospedale e che Pietro è in ritardo come al solito, il gruppo può iniziare a svolgere il proprio compito.

È equamente vitale per il terapeuta del gruppo il definire il confine fra gli ambiti della leadership e gli ambiti dei membri, quali sono le decisioni e le responsabilità che devono essere condivise e quali sono le responsabilità del solo leader. E’ importante chiarire fra i terapeuti e i membri del gruppo la distinzione fra leadership e potere. Spesso le persone definiscono un gruppo non-democratico basandosi sulla falsa convinzione che la democrazia non ha leader.

La leadership ha bisogno di essere bilanciata affinché possa portare all’empowerment dei membri. In modo simile a quanto accade nello sviluppo di un bambino, i leader non possono responsabilmente evitare di essere leader se questo è il bisogno psicologico del gruppo nelle sue fasi iniziali, così come un genitore non può abdicare dalle proprie responsabilità genitoriali senza mettere in pericolo il bambino. Il compito del leader responsabile, in questo stadio, compete lo stabilire le regole, la sicurezza ed i confini. È necessario stabilire la dipendenza prima di contrastarla. Il leader del gruppo, come un genitore, deve avere il coraggio di farsi amare sapendo, per tutto il tempo, che lo scopo ultimo è il perdere questo amore. I gruppi sono spesso molto ansiosi all’inizio delle sessioni o dei corsi, così tanto che i leader con più esperienza hanno imparato che le dichiarazioni fatte nella prima sessione spesso non saranno “ascoltate” dai membri del gruppo e dovranno essere ripetute più tardi, quando le persone si sentiranno meno ansiose e più rilassate. Una ansietà eccessiva nel leader può essere davvero distruttiva e necessita di essere gestita (nella psicoterapia o nella supervisione) sia rispetto alle tematiche personali arcaiche del terapeuta sia rispetto al suo contro-trasferimento nel processo del gruppo. Lo psicoterapeuta di gruppo spesso incarna le forze coesive del gruppo e può avere un investimento sufficiente od eccessivo nella sopravvivenza del gruppo.

Il compito del leader è allora quello di trovare, per il gruppo, un livello ottimale di ansietà. Ciò che può apparire come mancanza di struttura (silenzi prolungati, rifiuti indiscriminati alle spiegazioni) potrebbe davvero essere l’imposizione a coprire un processo violento e segreto (che può portare all’apparire di psicosi, per esempio). Alcune delle situazioni negative sperimentate dalle esperienze dei gruppi T negli anni ’60 erano senza dubbio i risultati della tirannia della mancanza di struttura . Berne definisce la fame-di-struttura come una delle necessità di base dell’essere umano (Berne 1963: 215, 237). La fame di leadership è imperniata invece sulla necessità che il leader fornisca una struttura per il gruppo entro cui le individualità e la creatività possano fiorire (ibid., 216). In questo senso, come in molti altri, il ruolo del leader del gruppo ha similarità con quello del genitore. Uno dei confini più significativi che influisce sulla sicurezza e la fiducia degli esseri umani è quello del tempo. La mancanza di attenzione rispetto al tempo è riportato spesso come esempio di uno dei comportamenti più distruttivi che un leader possa mettere in atto. Molti psicoterapeuti che prestano attenzione al livello psicologico della comunicazione dei loro clienti (Langs, 1978; Casement, 1985) pagano le severe ripercussioni del confondere i confini del tempo. In termini di contro-trasferimento complementare, i leader dei gruppi forse avranno bisogno di monitorare le loro tendenze alla iper-allevamento o all’iper controllo dei primi stadi del gruppo in via di formazione. Sulla base dei feedback raccolti in molti anni i comportamenti elencati di seguito sono stati considerati ed identificati come i più distruttivi o i più costruttivi dai nostri intervistati. Va ricordato che anche il comportamento più costruttivo può essere distruttivo se usato malamente, inappropriatamente o se sottostimato rispetto ai diversi gruppi. Allo stesso modo molti comportamenti elencati come distruttivi possono, alle volte o in certe circostanze, essere utili, provocativi o creativi. I nostri risultati sono qui elencati per essere interpretati come aiuti, mezzi per auto-spiegazioni, spunti per elaborazioni successive. Non sono stati però intesi come serie rigida di regole.

 

Comportamenti distruttivi

Ansietà eccessiva nel leader. Tirannia della mancanza di struttura. Sadismo nascosto. Confusione sui ruoli. Apparenza troppo aggressiva o deduttiva. Troppo orientamento al compito. Troppe regole, troppo autoritarismo. Attenzione rivolta alla patologia di una persona a spese degli altri membri.

Comportamenti costruttivi Contratti chiari. Struttura del tempo chiara. Ottimizzazione dell’ansietà. Chiara assunzione di leadership responsabile. Chiarezza dei confini e chiarezza dei compiti del gruppo. Facilitazione nel far conoscere l’un l’altro i membri del gruppo.

Precoce informazione di base su pause, bagni, cibo e limiti. Preparazione del setting, ad esempio della stanza in modo che i membri del gruppo capiscano che sono attesi e benvoluti.

 

Il secondo stage del comportamento del gruppo: l’immagine di gruppo adattata L’immagine del gruppo adattata è “superficialmente modificata in accordo con le valutazioni dei membri che si confrontano con la realtà” (Berne, 1980: 321). E’ particolarmente adatta a strutturare il tempo attraverso passatempi. Quando i membri del gruppo sono coinvolti in passatempi sono solitamente coinvolti in conversazioni generali, rilassanti e informali che non fanno parte dell’attività o del compito del gruppo; non agiranno nella conversazione. Questo stadio è caratterizzato principalmente dall’agitazione sul confine della leadership o nel maggior processo interno al gruppo. Il maggior processo interno al gruppo risulta dai conflitti fra le inclinazioni individuali e la coesione del gruppo come rappresentato dalla leadership e si realizza, in primis, nel maggior confine interno, quello fra i membri e il leader. Nella terminologia di Tuckman questo secondo stadio corrisponde a quello da lui definito “Storming/ temporale”. “Il secondo punto della sequenza è caratterizzato dal conflitto e dalla polarizzazione su problematiche interpersonali con una concomitante rispondenza emotiva nella sfera dell’obiettivo. Questi comportamenti servono come resistenza all’influenza del gruppo e ai requisiti dell’obiettivo e possono essere classificate come “storming/temporale” (Tuckman, 1965:396). Questa è probabilmente una delle fasi più importanti nella quale il conflitto o la ribellione contro il leader è piuttosto frequente. Questo stadio viene spesso inteso come la risposta emotiva alle richieste del compito. Il temporale non è sempre ovvio, con criticismo palese o nascosto, alle volte si può manifestare, fra i membri del gruppo, con depressione, passività, mancanza di energia. La seconda fase nello sviluppo dell’immagine del gruppo è caratterizzata da modifiche superficiali dell’immagine del gruppo in accordo con le valutazioni dei membri nel confrontare la realtà. Il leader efficace in questo stadio è rappresentato dall’insegnante “deciso e giusto”. Gli insegnanti esperti spesso riportano che la relazione con la classe può “guastarsi” o “attivarsi” fin dalla prima lezione. I leader dei gruppi possono non gestire i “temporali” segreti a causa delle loro paure o vulnerabilità. Il “temporale” frequentemente, ma solo in apparenza, riguarda la natura del compito. In realtà, a livello psicologico, riguarda l’abilità del leader nell’essere efficace. Lui è abbastanza forte e sicuro da sopravvivere alla presa di potere dei membri? La fase del “temporale” è il pre-requisito necessario, nella vita del gruppo, per il suo successivo efficace funzionamento e probabilmente è una risoluzione necessaria e valida tanto quanto lo è nel bambino la fase “terribile” dei due anni di vita. Il “temporale” non deve essere visto come una distrazione dal compito centrale ma come stadio necessario per stabilire il modo più efficiente per raggiungere l’obiettivo. Questo è il momento nel quale la posizione “io sono ok, tu sei ok” viene davvero testata.

 

Gli obiettivi della leadership

L’obiettivo della leadership è il mantenere i confini, e il compito del gruppo, intatti e allo stesso tempo permettere ai membri del gruppo le massime opportunità per testare la situazione. A livello psicologico il terapeuta del gruppo deve sopravvivere. Il leader ha bisogno di contrastare gli attacchi verbali che provengono dal gruppo senza punire o crollare, senza diventare punitivo e nemmeno apologetico (ad esempio dicendo: “Sto solo tentando di farti un piacere…”).

I feedback, enormemente importanti negli stadi successivi dello sviluppo del gruppo, sono in questo stadio da valutare con attenzione e con il beneficio del dubbio, cercando il supporto e il confronto della supervisione. E’ importante non cercare un supporto inappropriato nel gruppo o fra i membri del gruppo in quanto questo potrebbe rinforzare modelli simbiotici strutturali di secondo livello, ovvero potrebbe invitare a una relazione dove il cliente si prende inappropriatamente cura dello psicoterapeuta, allo stesso modo in cui certi bambini diventano coloro che si “prendono cura” dei loro genitori quando essi non sono abbastanza competenti per prendersi adeguatamente cura di loro. Nascono conflitti e polarizzazione fra i membri del gruppo in risposta all’aggiustamento dei propri bisogni che non corrispondono all’immagine. La lotta o la fuga possono essere risposte prevedibili all’ansietà o alla paura. In un gruppo psicoterapeutico questo conflitto o questo “tirarsi indietro” possono apparire sotto forma di resistenza al cambiamento, iper-adattamento o altri comportamenti passivi.

Nei gruppi in cui il leader è percepito come capace di incutere troppo timore o troppo fragile per essere “testato” o posto sotto indagine, possono esplodere, fra i membri del gruppo, conflitti prematuri e polarizzazione. Sono soprattutto le differenze apparentemente inconciliabili fra i membri del gruppo, nelle fasi iniziali, che spesso mascherano una gestione non soddisfacente, da parte del leader, della fase del “temporale”.

“In un gruppo psicoterapeutico, un membro adattabile non inizierà a mettere in campo i propri giochi fino a quando non conoscerà la sua posizione con il leader. Se invece è arbitrario e non adattabile … potrebbe agire prematuramente e pagarne la penale” (Berne 1963:224-5). I membri individuali del gruppo, se non seriamente problematici, tenderanno a non coinvolgersi in giochi interpersonali di secondo o terzo livello prima di avere stabilito da loro, vis a vis, i confini con il leader del gruppo. Per esempio, un gruppo di adolescenti potrebbe testare il leader del gruppo arrivando tardi, usando aggressioni verbali o indulgendo in comportamenti antisociali come, ad esempio, sniffare colla. Nell’esperienza di chi scrive è parso evidente che il come i leader, o i gestori delle unità, governano queste prime situazioni determinerà, poi, la risposta conseguente da parte dei membri dei gruppi sia rispetto a come usano la terapia che l’attività di gruppo.

 

Comportamenti distruttivi

Leader che non raccoglie o nega le aggressioni interne al gruppo e “scivola sopra” i conflitti. Leader che interpreta rabbia e ribellione come segno di patologia individuale o di gruppo condividendo ciò in modo da invalidare o sottomettere i membri del gruppo.

Leader che appare troppo fragile, malato o che pare ferito. Ricoprire uno dei 4 ruoli drammatici (Vittima, Persecutore, Salvatore o Astante). Ignorare il conflitto- far finta che non esista. Offrire supporto alla polarizzazione. Nessuna sanzione o sanzioni ingiuste. Abbandono del gruppo.

 

Comportamenti costruttivi Raccogliere seriamente i feedback delle persone senza crollare sotto i criticismi. Non lasciarsi andare ai ricatti, alle sfide. Validare il diritto delle persone ai loro sentimenti, pensieri, opinioni e preoccupazioni senza negare i propri diritti. Io sono Ok, tu sei Ok. Abilità nel negoziare le problematiche – essere flessibile rispetto alla negoziazione per far sì che il gruppo formi la propria cultura. Differenziare fra compromessi/negoziazioni che possono facilitare il compito del gruppo e quelli che invece potrebbero comprometterlo.

 

Il terzo stadio dello sviluppo del gruppo

L’immagine del gruppo operativo “viene modificato ancora di più in quanto concordata con la percezione del membro sulla propria integrazione nell’immagine del leader”. Nella terminologia di Tuckman questo corrisponde con il momento di norming (addestramento verso omogeneità) (Tuckman, 1965: 396).

Questo momento nella progressione del gruppo è caratterizzato dallo sviluppo di coesione. Qui i giochi vengono espressi e la tolleranza verso i livelli sia dei giochi sia dei racket vengono stabiliti. A questo punto le difficoltà di leadership con il leader sono stati ben elaborati ed i conflitti interpersonali attorno a la re-recita delle copioni o le competenze sociali di qui-ed-ora già acquistati possono essere costruttivamente affrontati. Così la definizione apparentemente contraddittoria della “immagine operativa” rispetto a quello del “norming” può arrivare al punto di stabilire la verità di entrambi. Questo segna il tempo di giocare per eccellenza ed il rivissuto del dramma della famiglia. Inoltre è il momento in cui l’intuito è più attivo negli individui, i partecipanti si sentono più sicuri nel gruppo e si impegnano di più sul futuro del gruppo. C’è uno scambio delle emozioni ed un clima di sostegno reciproco. Ora il gruppo ha un senso chiaro su ‘così proseguiamo con le nostre cose’. Consuetudini condivisi sono stati sviluppati. Il principio operativo indica che ‘finché ha stabilito con il leader come può comportarsi un membro in grado di adattarsi non inizierà a giocare.’ (Berne, 1963: 225)

Esempio di Stewart : Durante il momento di norming, Ann, un altra partecipante nel gruppo, diceva a Stewart ce egli ha parlato solo con il terapeuta. Anna parlava di sentimenti di tristezza per questo fatto, dicendo che lei voleva più considerazione da Stewart. La reazione di Stewart era di chiudersi in sé e di diventare depresso. Si comportava in modo cortese ed ansioso con gli altri membri del gruppo e non parlava più con il leader. Due settimane dopo Stewart menzionava di aver sentito molta rabbia verso il leader, qui accusato di avergli trascurato per aver prestato più attenzione verso gli altri membri del gruppo. Diceva di aver sentito stupito dal commento di Ann, cui riteneva rifiutante e persecutorio. Secondo lui, gli era prestato meno attenzione dal psicoterapista di ciò che godevano gli altri membri del gruppo. Il gioco veniva finalmente esposto. L’Adulto di Stewart era contaminato mentre si accorgeva di aver portato al aperto il modo in cui ripeteva un comportamento del suo Bambino. Stewart stava funzionando dalla sua immagine del gruppo operativo in cui ha creato posti per la sua madre ed altri adulti e bambini rifiutanti (il leader assistente ed un membro del gruppo dei genitori – Roland) della sua fanciullezza.

 

Compiti di Leadership

Questi compiti si focalizzano più sui compiti interpersonali ed il modellamento dei comportamenti quali appoggiano consuetudini costruttivi di gruppo. I leader preparati forniscono una formazione su, per esempio, il saper leggere le emozioni (Steiner, 1984) e propongono informazioni e risorse. Nel gruppo psicoterapeutico, o in qualsiasi gruppo dove il commento sui processi personali è ritenuto appropriato, il leader può dare una formazione sulla teoria dei giochi. Inoltre, può facilitare il feedback su come ogni membro porta avanti i suoi giochi e recita i suoi copioni e, al gruppo intero, su come gli altri membri vengono motivati nel clima del gioco. L’immagine del gruppo viene modificata sulla base della percezione dell’inserimento nell’immagine del leader. Altri compiti di leadership sono motivazione, modellamento ed il fornire messaggi al livello psicologico quali sono congrui con i valori (autentici) proposti.

Con il termine leadership efficace si intende il facilitare le più salubri energie del individuo o del gruppo verso la propria individuazione e realizzazione. Il leader può stabilire regole o contratti ai quali vengono attribuiti delle sanzioni. Le norme possono essere influenzati dai leader ma vengono fuori e si sono formati sopratutto dai membri stessi del gruppo. Le norme del gruppo comprendono i fattori più vitali nel stabilire un clima salutare di gruppo. C’è qualche indicazione che le norme di gruppo sono più influenzati da ciò che fanno i membri del gruppo che da ciò che dicono. Spesso sono i commenti ‘buttati’ (cioè, con il minimo riflessione) o il confronto periferico di questioni di inquadramento che stabiliscono il punto dal quale i membri arrivano a qualche conclusione sulle norme accettabili. In tal modo un leader di gruppo può lanciare una sfida al norming ritenuto prematuro o oppressivo con lo scopo di mantenere la flessibilità e di motivare i membri verso processi di valorizzazione che indicano una certa provenienza di informazione e compassione preparatoria. Il rischio di rigidità, certezza e rumorosità viene così limitato.

 

Comportamenti distruttivi

Rigidità nel stroking. Riluttanza di concedere il gruppo di spostarsi ad un livello dal quale i membri del gruppo si possono muovere con più libertà e il leader del gruppo perde spesso la sua centralità. Rigidità in quanto concerne le regole tipo ‘non ci sono eccezioni’, differenze ed esigenze individuali non sono considerati. I membri capricciosi malevoli e distruttivi vengono concessi la possibilità di rimanere e di distruggere la coesione, compiti e processi del gruppo. Introducendo le aspettative su come debbono proseguire i dinamici del gruppo sulla base delle esperienze precedenti di gruppo, così interferendo con lo sviluppo unico delle norme di ogni gruppo. Il leader cerca di stabilire regole invece di norme. Il leader esprime i propri valori in modo eccessivo in modo tale da escludere ogni libertà e rischiando di conseguenza le posizioni personali dei membri individui.

 

Comportamenti costruttivi

I membri vengono stroked per aver posto delle domande attorno al norming. La sfida delle norme per lo scopo di mantenere la flessibilità e di evitare la conclusione : ‘ce un solo modo di proseguire.’ Facilitare lo sviluppo del gruppo delle proprie norme – le norme comprendono la personalità del gruppo. Flessibilità attorno alle norme. Il focus sul processo di valorizzazione e sulla formazione delle norme o della costruzione della cultura non solo come proiezione interna di regole e procedure non considerati. Raccomandazione/esclusione dei membri distruttivi dopo un’attenta considerazione degli effetti dei costi/benefici sul resto del gruppo. Parole esplicite sui valori del leader, es. razza, orientamento sessuale, dove appropriato. Rispetto per l’unicità nella particolarità di ogni gruppo.

 

Il quarto momento nello sviluppo di gruppo: l’immagine di gruppo secondariamente aggiustata Questa segna “la fase finale in cui il membro cede alcune delle sue proprie inclinazioni per lo scopo di coesione di gruppo’ … i processi minori di gruppo sono i risultati di conflitti tra inclinazioni individuale e tiene luogo alle frontiere interni minori”. Alla terminologia di Tuckman corrisponde a ciò che da lui viene nominato il ‘perfoming stage’, momento dell’agire. Il gruppo raggiunge il quarto momento, cioè quello finale di Tuckman, nel quale la struttura personale diventa lo strumento di attività di lavoro. A questo punto le questioni di struttura sono già ben stabiliti, ed ora la struttura può facilitare in modo più robusto il proseguimento del lavoro di gruppo (Tuckman, 1965). Il gruppo funziona fluidamente nel compimento del lavoro con un’interferenza minima da quelli processi di gruppo che possono esseri compromettenti del tale funzionamento. Ora il gruppo può affrontare adeguatamente le dinamiche di orientamento della realtà. Nel gruppo della terapia, i membri possono raggiungere un livello di intuito (insight) accompagnato da un cambiamento di comportamento mentre il gruppo di lavoro inizia ad eseguire la risoluzione efficace delle problematiche. Si è raggiunto la fase in cui l’intimità è più frequente tra i membri del gruppo e il leader, in cui i sentimenti e le esigenze possono essere espressi ed uditi senza l’applicazione d’una censura. Il ‘performing stage’ d’un gruppo viene considerato raggiunto nel momento in cui il leader o psicoterapista ha radunato con successo attorno a sé un gruppo di individui cui hanno cominciato a prendere responsabilità per la propria psicoterapia. Esempio di Stewart : Nel ‘performance stage’ del gruppo, l’imago di Stewart veniva secondariamente aggiustata. Il suo rapporto con i propri pari cominciava ad essere affettuoso e fiducioso mentre lui accettava il loro sostegno ed affetto. Si è sviluppato un buon rapporto con il terapeuta da chi lui si sentiva capace di farsi udito. La sua terapia lo portava a raggiungere una ‘deconfusione’ dello stato dell’ego del suo Bambino e accompagnava un avvicinamento ed una risoluzione di diverse esperienze dolorose che segnavano il suo passato.

 

Lavori di leadership

Avendo navigato le fasi precedenti il lavoro del leader è di godere questo fase e di sentirsi ‘dentro’ la psicoterapia : le persone vengono nominate ‘in treatment’ (seguendo il trattamento) (Berne, 1962). I membri del gruppo applicano diversi modi per utilizzare i loro processi interpersonali al beneficio di sé stessi e degli altri ed anche se tutti non si sentono sempre felici, vale a dire che tutti stanno nonostante imparando. Se un terapeuta di gruppo ha stabilito questo livello di funzionamento in un gruppo che raduna con frequenza vuol dire che manterrà solitamente, per la maggior parte, l’ambiente stabilita anche se tramite separazioni periodiche, come le vacanze estive, oppure variazioni minori di frequenza. In parte comunque il riciclo o la rielaborazione di fasi precedenti ricorrerà, magari in modo diverso, ma i periodi di elaborazione possono essere tendenzialmente più brevi e la profondità di scomodità o tristezza meno intensa.

Importante è che il leader del gruppo resta sempre attento di non perdere i molti comportamenti utili di leadership, concedendo ad ogni membro del gruppo la possibilità di compiere degli atti di leadership anche se venga sempre tenuta dal leader stesso la responsabilità maggiore del leadership. Nei gruppi efficaci l’incarico del leader può essere liberato ed occupato da uno o più dei leader adatti del gruppo. Le funzioni del leader includono la prestazione di incoraggiamento, strokes positivi ed il mantenimento del minimo controllo. Allo stesso tempo la sicurezza deve essere mantenuta – anche se al solito il gruppo si assicura di questo tramite suggerimenti di strutture e di risorse, come con la proposta ‘proviamo questo.’ Egli accoglie commento e valorizzazione mentre il gruppo fa delle scelte e delle decisioni partendo da possibilità vaste di confini aperti quali stabiliscono ciò che sia accettabile e ciò che non lo è. Egli si rilassa, godendo il permesso dal gruppo di giocare e di lavorare; si occupa l’incoraggiamento ed il dar valore : autonomia, immediatezza, autenticità, spontaneità, sentimenti, competenze e cultura. In somma, egli può essere visto dal gruppo come una persona intera e può essere di conseguenza fluente nel ruolo cui si occupa. Essere fluente nel ruolo vuol dire muoversi elegantemente da un ruolo ad un altro con lo scopo, per esempio, di concedere ai membri del gruppo la chance di compiere delle azioni per il leader o di prestargli un appoggio. Il gruppo è diventato autonomo è non si serve più il leader nello stesso modo in cui lo serviva originalmente e allo stesso tempo il leader può ricevere più dal gruppo e concedersi di essere pienamente presente senza dare troppo importanza al monitoraggio metodico delle esigenze precedenti del gruppo.

 

Comportamenti distruttivi

Critica distruttiva che dice, ‘lo comprende io più di te.’ Cerca di umiliare le persone. Si valorizza oltre gli altri. Non rispetta l’autonomia al gruppo.

Troppo entusiasta nel rispettare l’orario. Dice alle persone che i loro sforzi non bastono. Il tenere troppo gelosamente il potere. L’offerta di più punizioni che premi. Molto stress sul lavoro e poco stress sul mantenimento. È freddo, impersonale e distante. Il rifiuto di ascoltare i membri del gruppo. Il dare poco valore ai sentimenti. Invoca i driver. Invoca gli ingiunzioni. Comportamenti costruttivi. Lascia le persone di proseguire al loro agio. Permettere alle persone di essere leader. Il diventare partecipante. Il controllo al minimo, con un mantenimento delle confini anche se il gruppo lo fa di solito per sé. L’offerta di incoraggiamento per la qualità di agire e di essere. L’incarico di leadership non viene assunto dalla persona adatta, ma pronto di intervenire se appropriato. Dice delle cose tipo “sperimentiamo insieme con questo”. Accoglie commento e valorizzazione, concede al gruppo di fare delle scelte. Dice ciò che sia permesso è ciò che non lo è nelle confini vaste. Rilassa, gode il gruppo. Si concede il permesso di divertirsi e di lavorare. Incoraggia e valorizza : autonomia, autenticità, spontaneità, sentimenti, competenze e cultura.

 

Il quinto ed ultimo momento dello sviluppo di gruppo: l’immagine chiarita del gruppo

Nonostante il fatto che Berne identificavano quattro solo fasi, lui diceva che ‘lo scopo vero dei gruppi più dinamici di psicoterapia è di chiarire gli imago individuali dei membri del gruppo.’ (Berne, 1963: 241). In quanto l’immagine del gruppo indica un facsimile d’un imago di gruppo infantile oppure una riproduzione d’un imago di gruppo, la sua chiarificazione e differenziazione fa parte del lavoro di facilitare gli individui ed i gruppi cui sono mirati verso le loro esigenze attuali di qui-ora e di ridurre o eliminare l’interferenze anacronistiche con gli intimi, sia nel gruppo di terapia che nella vita attuale. Se un esperienza di gruppo ha avuto successo per un membro, si manifesterà in un livello più alto di funzionamento e di integrazione. I gruppi di psicoterapia hanno come attività principale ‘conflitti personali e confronti tra sforzi opposti, cioè nel interno del gruppo vengono semplicemente nominati processi di gruppo.’ (Berne, 1963: 225). Se questo è l’attività operante che attraversa tutte le fasi dello sviluppo del gruppo, il rinchiudersi come strumento temporale diventa rilevante e necessario al termine del gruppo o della vita di gruppo del membro individuale. ‘Vale a dire che resta sempre una fantasma che riempie il vuoto d’un membro differenziato che esce dal gruppo. Questa segna un periodo di lutto che può o dissolversi o rimanere.’ (Berne, 1963 : 59). Il rinchiudersi rappresenta l’abbandono dell’energia emozionale o il carico catartico proveniente dalla coesione del gruppo. Questa ultima fase è quella di lutto (Lacoursiere, 1980) oppure del ‘adjourning’ rimandare (Tuckman and Jensen 1977). Il focus collettivo del gruppo è sulla terminazione. Psicologicamente il gruppo deve dire il suo addio e negoziare tutti i processi rilevanti di lutto.

Esempio di Stewart : A questo punto Stewart, nella sofferenza di lutto alla conclusione del gruppo, si accorgeva quanto dolore egli stava portando per non aver conosciuto il proprio padre. La sua partenza dal gruppo era segnata da gesti intimi ed affettuosi. Diceva di non aver mai sentito così vicino ad amici o pari nel corso della sua vita.

 

Lavori di leadership

Qui innanzitutto ‘il tenere occupato il gruppo’ resta importante, non permettendo ad individui di ‘scappare via’ dai loro compiti intrapsichici, interpersonali o di gruppo. Prevedibile è che qualcuno può cercare di non affrontare la sua sofferenza attribuendo al gruppo un valore negativo, qui includendo anche il leader (tramite l’assenza, ecc.).

Wooden (1983) parla di quattro compiti di lutto : 1. accettazione della realtà della perdita, 2. esperienza del dolore di lutto, 3. l’inserimento in un ambiente diverso, 4. il ritiro dell’energia emotiva ed il reinvestimento della stessa in un altro rapporto. Quando si conclude il gruppo, il compito del leader è di far sì che questi processi vengono accompagnati.

Kubler-Ross (1969) identificava cinque fasi di perdita – rifiuto, rabbia, contrattazione, depressione ed accettazione. Anche queste emozioni possono manifestarsi ed il leader deve farsi più disponibile possibile nell’affrontare le dinamiche connesse.

Il leader, rendendosi così disponibile, accompagnerà l’Adulto – integrato nella liberazione del Bambino con tutte le emozioni di perdita che verranno fuori con questi processi. Una persona deve prima dire ‘addio’ prima di trovare il fiato di dire di nuovo ‘ciao.’ Nei casi in cui la terapia ha avuto successo, le persone avrebbero abbandonato i loro imaghi di gruppo tra il terzo ed il quarto fase in modo tale che il lutto sarà investito nei rapporti veri ed intimi e non in quelli fantasiosi del imago originario. Lo scopo resta di arrivare ad un imago basato su una buona volontà razionale.

Ogni membro del gruppo avrebbe un suo modo personale di esprimere il suo senso di lutto. Resta dunque importante che egli si sente al suo agio nel esprimere le dinamiche del proprio senso di lutto.

 

L’intreccio della terapia individuale con la psicoterapia di gruppo

Gli interventi proposti fino ad ora valgono sia per i gruppi sia per gli individuali. Comunque ci sono eventi e momenti in cui si possono intrecciare, sempre con lo scopo di rendere al più massimo possibile le condizioni psicoterapeutiche. Le dinamiche psicoterapeutiche diventano sempre più efficace nel ‘incoraggiamento di processi come coesione e universalità tramite la variazione delle tecniche terapeutici, la centralizzazione di leadership e la promozione di interazione libera tra i membri del gruppo. Questi processi debbono fornire un’atmosfera generale di gruppo con i quali i più interventi, basati sull’AT, possono applicarsi.’ (Kapur & Miller, 1987: 229). Il ‘gruppo-intero’ deve avere la precedenza sopra gli individui nei quelli momenti di sviluppo del gruppo che sono stati già cenati. Assenze a cause di vacanze o di malattia possono essere utilizzati come strumenti per orientare il gruppo di nuovo. Inoltre, tutte le esperienze ‘devastanti’ come la morte, i terremoti ecc. possono essere utilizzati nello stesso modo, cioè per radunare il gruppo nella riflessione. Importante è che questi avvenimenti non vengono mai trascurati ma portate invece al centro per quanto servono i ari scopi del gruppo.