Elisabetta Volpini

Luglio 2007

Il processo di consultazione diagnostica, arricchito in chiave analitico transazionale giunge ad elaborare alcune proposte di lavoro sulle quali impostare il percorso di consulenza successivo.

Presentazione

Ragazza si presenta al primo appuntamento dopo un contatto telefonico preliminare, nel quale aveva richiesto un incontro per problemi di ansia. Sia al primo appuntamento che ai successivi, Ragazza giunge puntuale e, qualche volta, in anticipo. Ha un aspetto curato e semplice al contempo: si veste in modo casual, con particolare attenzione all’utilizzo di accessori che riprendano il colore dell’abbigliamento. Talvolta indossa un paio di occhiali, spiegando che, quando è più “stressata”, le si presentano problemi di vista.

 

Anamnesi

Ragazza ha 24 anni. Ha un diploma di Ragioneria ed è iscritta al IV anno di Economia e Commercio: le mancano 6 esami per laurearsi. Oltre a studiare, lavora come impiegata in un grande supermercato. La madre ha 46 anni e lavora come Infermiera. Il padre ha 48 anni, ha un diploma di maturità scientifica ed aveva intrapreso il percorso universitario alla Facoltà di Economia e Commercio, senza portarlo a termine. La sorella, di 21 anni, studia all’Università e lavora. Ragazza ha una relazione da 1 anno e 1⁄2 con Ragazzo.

 

Colloqui

Descrizione del sintomo Ragazza riferisce di avere problemi di ansia, che si manifestano attraverso difficoltà di addormentamento e paura di morire (“se mi viene, non lo so, magari un giramento di testa, penso subito di morire, penso subito “Ora muoio”). L’ansia emerge, in particolare, quando si trova da sola, in motorino o in treno, in locali affollati se non è con persone con cui si trova a proprio agio (“…perché ho paura che, magari, in una situazione d’emergenza, non c’è magari nessuno che mi può dare una mano”). Questo le crea disagio anche perché le impedisce di fare cose che le piacerebbero, come andare in giro da sola o bere qualcosa di alcolico o fumare una sigaretta; anche per l’assunzione di farmaci, ricorre soltanto a rimedi naturali. Riferisce, inoltre, una paura di volare che le può causare disagio rispetto al suo desiderio di fare, tra breve, un viaggio con il fidanzato. Questi sintomi sono insorti a Gennaio 2004, in corrispondenza di un esame andato male e di una crisi nella relazione con il fidanzato, per poi intensificarsi a Giugno 2004, allorché si è verificata una temporanea rottura del rapporto. In passato Ragazza, all’età di 16 anni, era stata portata dalla madre da una Neuropsichiatra Infantile: “perché secondo la mia mamma ero un po’ ribelle”, “quando litigavo con i miei genitori non ci vedevo più dalla rabbia”. All’età di 17 anni, ci sono stati alcuni episodi che le hanno fatto avere paura della morte (un attacco d’asma che le ha causato un ricovero in ospedale; un incidente fatto con il motorino, in cui sbatté la testa con perdita temporanea della vista; il ricovero in ospedale dopo aver provato a fumare uno spinello). Ragazza mette in relazione questi eventi con gli attacchi di panico insorti all’età di 18 anni, durante l’ultimo anno delle Scuole Superiori, poi scomparsi sia in seguito ad un percorso con la Neuropsichiatra Infantile consultata precedentemente, sia in corrispondenza con alcuni cambiamenti che riferisce esserle stati d’aiuto (l’inizio dell’Università; la fine di una relazione con un ragazzo). Adesso riferisce di aver paura che quest’ansia che sente, possa provocarle nuovamente gli attacchi di panico.

Aree della vita attuale

La famiglia.Nel parlare della propria famiglia, Ragazza sottolinea subito un aspetto di marcato contrasto: “A casa mia,

[…] è tutto sotto controllo […] deve essere tutto perfetto”, “E, invece, se devono dare una notizia brutta, te la sparano così e via come se niente fosse”. Il padre viene descritto come una persona tranquilla, a cui Ragazza sente di assomigliare. La madre, invece, appare come una figura esigente nei confronti di Ragazza: “Lei mi trova sempre il pelo nell’uovo”; la ragazza riferisce di come la madre le faccia spesso “venire i sensi di colpa” in relazione ad aspetti diversi. Della sorella, si evidenziano pochi elementi: tra questi emerge il fatto che un’intolleranza, presentata fin da piccola, le abbia assicurato una sorta di iperprotezione da parte dei genitori: “nessuno le dice niente”.

Le relazioni.Rispetto al fidanzato, Ragazza afferma più volte di esserne veramente innamorata e racconta che, dopo un primo anno di grande intesa, si sono presentate le prime difficoltà, riferibili soprattutto agli sbalzi di umore di Ragazzo, che giungono improvvisi ed imprevedibili e rispetto ai quali il ragazzo sembra non voler dare spiegazioni chiare.

Della vita sociale Ragazza si mostra soddisfatta: ha diverse amicizie, che si protraggono anche dagli anni delle suole Elementari. Le piace la compagnia (“mi basta avere una compagnia buona, mi piace […] il contatto”), soprattutto se costituita da un numero ristretto di persone, che conosce bene e con cui si sente a proprio agio. In particolare, racconta di come, in questo periodo, preferisca la compagnia della sua amica d’infanzia, con cui si apre e da cui cerca conforto.

 

Storia

Quando parla dei suoi ricordi, Ragazza racconta di essersi divertita tanto, da piccola, “anche se”, precisa, “mi è mancata un po’ la mia mamma. Lei dice che c’era, che sono io che non la vedevo. Lei lavorava, […] faceva i turni. […] Lei dice che c’era, io non me la ricordo. Cioè, me la ricordo e non me la ricordo. Mi è mancata come le mamme delle mie amiche, cioè che ti controlla la lezione, tutte le sere, che ti aiuta a fare la lezione tutti i pomeriggi, che magari ti accompagna in palestra”. Della Scuola Materna ricorda che piangeva sempre, nel distaccarsi dalla mamma. Alle Elementari racconta di aver vissuto un senso di inadeguatezza rispetto agli altri compagni, nonostante i voti che prendeva fossero sempre ottimi (“mi sentivo sempre un gradino sotto”). Alle Medie racconta di aver trovato un gruppo affiatato di compagni di classe, in cui si è ben inserita. Ragazza, da piccola, ha trascorso molto tempo con i nonni materni, di cui parla con calore. In particolare, ricorda con sofferenza la morte del nonno materno, avvenuta quando lei aveva 12 anni: “è stato uno shock grosso, perché, siccome eravamo piccole, nessuno ci aveva detto niente e un giorno nonno è morto; […] non sapendo cosa stava per succedere, io ho vissuto la mia vita normalmente, non ho avuto la possibilità di farci tante cose. […] Forse non ci si poteva fare niente, perché doveva morire, però forse ai miei genitori gli rimprovero un po’ questa cosa…una preparazione. Perché i miei genitori hanno un po’ questa cosa: di solito, quando succede qualcosa di brutto, tace sempre tutto, però si respira che c’è qualcosa nell’aria, perché si vede che sono nervosi, e poi di punto in bianco, quando magari sono più nervosi, ti sparano tutto insieme”.

 

Lettura Analitico Transazionale

Contratto Nel corso del I colloquio, dopo la presentazione del problema, si definisce il contratto. Spiego a Ragazza le caratteristiche ed i tempi del processo di consultazione e l’obiettivo conoscitivo che ci si prefigge. Rispetto al cambiamento personale che chiedo a Ragazza di voler effettuare, la ragazza dice: “Vorrei vivere tranquillamente, essere ottimista. Vorrei eliminare l’ansia. Vorrei avere più fiducia nelle mie capacità e tornare ad essere indipendente”. Da questa formulazione, emergono alcuni aspetti che possono far pensare ad una inaccettabilità del contratto. In particolare, sono presenti termini eccessivamente vaghi (“vivere tranquillamente”, “essere ottimista” “più fiducia”, “essere indipendente”), cui si accompagnano condizionali e parole (“eliminare”), che rimandano ad uno stato di non-OK in cui si trova la paziente. A seguito di ciò, invito Ragazza ad una nuova formulazione della richiesta di cambiamento, al fine di specificare con maggiore precisione e concretezza gli obiettivi del percorso di consultazione, tenendo conto, in particolare, di alcune delle regole che stanno alla base della definizione di un contratto efficace (Haimowitz, 1976):

• il cambiamento deve essere osservabile

• è preferibile iniziare piuttosto che cessare un comportamento

• è preferibile essere nel qui-ed-ora

A tal proposito, Ragazza esprime il desiderio di preparare il prossimo esame universitario in modo tale da superarlo. Tale obiettivo appare raggiungibile e possibile per lei in questo momento. Esso è altresì specifico e osservabile: sapremo se Ragazza avrà raggiunto l’obiettivo se supererà il prossimo esame. Il cambiamento auspicato è, inoltre, sicuro per la paziente e sembra essere stato elaborato attraverso l’accordo dell’Adulto, l’accordo etico del Genitore e l’accordo emotivo del Bambino. Esso, infatti, tiene conto della situazione e delle capacità di Ragazza in quanto persona adulta, e contribuisce anche a soddisfare il bisogno di indipendenza e di espressione dei propri desideri. Il costo che comporta questo contratto, viene individuato in una parziale rinuncia a qualche ora di divertimento e in qualche scontro che potrà esserci con la mamma di fronte alle richieste, da parte di quest’ultima, di aiuto nei lavori domestici. Ragazza ritiene, infatti, che il possibile sabotaggio a questo cambiamento, le può derivare proprio dalla madre, che può rimproverarla di andare a perdere tempo nel vederla uscire di casa. Per raggiungere l’obiettivo, Ragazza sostiene che dovrà assolutamente studiare per almeno un’ora e mezza al giorno. Per essere agevolata in questo, può contare sull’aiuto della nonna materna, a casa della quale può recarsi per qualche giorno per studiare con tranquillità, lontana dalle interferenze della madre.

Stati dell’Io Diagnosi comportamentale Osservando il comportamento non verbale di Ragazza nel corso dei singoli colloqui, si evidenziano notevoli cambiamenti tra i primi 5 minuti ed il resto del tempo. All’arrivo, infatti, la ragazza presenta un atteggiamento che farebbe pensare ad uno stato dell’Io Adulto, a cui si alterna uno stato dell’Io di Bambino Adattato. Ragazza mostra, infatti, un atteggiamento di timidezza e sottomissione (BA) e di razionalità (A); il suo tono di voce è lineare e monotono, senza particolari variazioni (A). La sua postura, anche una volta sedutasi, è dritta, composta e piuttosto rigida (BA); il suo volto appare serio, controllato nelle espressioni, con lo sguardo fisso e senza alcun sorriso (BA e A). Dopo i primi 5 minuti, il comportamento di Ragazza si modifica in modo evidente, presentando modalità più caratteristiche dello stato dell’Io del Bambino Libero: la sua posizione sulla poltrona si fa più rilassata, il tono della voce diventa più variabile e si concede inflessioni più “dialettali” (“anda’ ”; “paga’ ”); il suo eloquio viene accompagnato da gesti; il volto diventa più espressivo, con maggiori sorrisi e con uno sguardo più mobile.

Diagnosi sociale Nel corso dei colloqui con Ragazza, lo stato dell’Io che viene attivato in me, in alternanza con l’Adulto, è quello del Genitore Affettivo, rilevabile anche dal tono di voce caldo e interessato e dalla mia posizione del corpo, inclinato verso la paziente. Questo aspetto può confermare il fatto che Ragazza interagisca spesso a partire dal Bambino.

 

Contenuti dei colloqui

Dai contenuti dei colloqui effettuati derivano altre conferme all’ipotesi che, nella personalità di Ragazza, siano particolarmente importanti gli stati dell’Io del Genitore Normativo (GN) e del Bambino Adattato (BA). In particolare, nella raccolta della storia, Ragazza racconta: “…e alle elementari, ecco, una cosa…io (sospira) che io non mi sento mai all’altezza. Cioè, se io ora ripenso anche alle elementari, a scuola, sono sempre stata in competizione, cioè, dovevo essere sempre brava”. Rispetto allo studio, la ragazza avverte le forti aspettative genitoriali alle quali sente di dover rispondere: questo aspetto viene accentuato dal fatto che anche il padre, come lei, era iscritto alla Facoltà di Economia e Commercio, ma aveva poi interrotto gli studi, e adesso ripone molte speranze in Ragazza. Ed ecco che, relativamente agli esami, Ragazza dice: “ …ultimamente, gli esami che ho dato, due o tre esami, mi sembra, mi sono presentata e ho fatto la solita cosa: avevo studiato, mi sono seduta, e ho detto: «Guardi, io non mi sento pronta» e sono andata via. Infatti il mio terrore è stato…cioè io ho pensato di farlo, anche se ho detto «non mi interessa niente»; un po’ mi dà noia, sai, siamo in quelle aule piccole […] sono tutti lì che ascoltano te, sicché mi dà un po’ noia fare una brutta figura”. E ancora, rispetto ad un eventuale insuccesso all’esame che sta preparando e che deve sostenere, dice: “…mi sento in colpa, perché poi mi devo preoccupare di aver deluso qualcuno, di non essere stata all’altezza delle aspettative degli altri”; “Se mi va male, cosa dicono?”. Anche nell’ambito lavorativo, emerge in Ragazza la “paura di non farcela”, nonostante le conferme e gli apprezzamenti che riceve dai propri capi. Nella relazione con Ragazzo, poi, viene sottolineato un timore di inadeguatezza: “[Ragazzo]…è sempre alla ricerca di qualcosa che non c’ha. E questo mi fa stare un po’ male, perché penso sempre che lui stia male perché sono io che non sono in grado di…”. E ancora: “ [nella storia con Ragazzo] a volte evito di dirgli magari degli atteggiamenti suoi che mi fanno stare male, a volte faccio finta di niente, sperando o che non succeda più o che, magari, se ne possa rendere conto da solo […] lascio perdere, se no poi mi sento in colpa per aver creato una qualsiasi situazione di tensione”. Talvolta si ha come l’impressione di assistere ad una sorta di dialogo interno tra GN e BA: nel corso di un colloquio, parlando dell’esame che ha sostenuto il giorno stesso e che ha superato, dice: “Anche oggi, ad esempio, ho studiato, ma quando sono arrivata lì, poi, mi sembrava comunque di non aver fatto abbastanza, ho sempre questa sensazione, che, tanto, potevo fare qualcosa di più, forse perché me l’hanno sempre detto anche quando andavo a scuola «Potevi fare di più» «Potevi fare di più»”. Questi aspetti emergono anche nella relazione con me: Ragazza, infatti, spesso dice: “Cosa devo fare?”, “Cosa posso fare per…?”, “Non so cosa devo fare”.

Egogramma Alla proposta di tracciare il proprio egogramma (J. Dusay, 1977), Ragazza elabora questo grafico:

schemavolpini1

Accompagna la compilazione dell’egogramma dicendo, a proposito del BA e del GN: “ […] perché mi sento in dovere di fare le cose che mi vengono chieste, sia dai miei genitori, ma anche…ora forse un po’ meno, ma anche nelle amicizie, dire sempre di sì, essere sempre disponibile, perché […] non mi riesce dire di no. […] Perché…mi sento assolutamente non indipendente. Cioè, sono vittima dei pensieri degli altri, è…è difficile, è rarissimo, che riesca a scindere il pensiero di una persona con il mio. Per esempio […] con la mia mamma, lei mi dice la cosa che pensa, anche se la penso all’opposto, e lì per lì son convinta di quello che dico, però, nel momento stesso in cui lei mi dice la sua, per quanto io possa essere convinta, mi viene subito da pensare che forse ha ragione lei”.

 

Contaminazioni

Gli stati dell’Io Bambino e Genitore, come evidenziati fin qui, non sembrano invadere i confini dell’Adulto con una contaminazione: Ragazza presenta, infatti, una certa consapevolezza della distinzione dei diversi contenuti provenienti dal Bambino (B) e dal Genitore (G) piuttosto che dall’Adulto.

 

Carezze Rispetto alle carezze, si rilevano le regole restrittive di Steiner:

1) Non dare carezze quando ne hai da dare

2) Non chiedere carezze quando ne hai bisogno

3) Non accettare carezze se le vuoi

4) Non rifiutare carezze quando non le vuoi

5) Non dare carezze e te stesso

In particolare, è evidente il nesso con quanto i genitori paiono averle detto “Non montarti troppo la testa”. Ragazza, infatti, evidenzia: “Mi fa piacere che una persona esalti un lato positivo del mio carattere, però poi mi sento in colpa, cioè, tipo «Non essere troppo felice perché te l’ha detto» [Perché?] Non lo so, forse mi vedo troppo…non te lo so spiegare per quale motivo, però…mi succede…come…cioè, non mi so spiegare, come essere troppo…cioè, paura di diventare egocentrica, capito? Troppo piena di me, perché, magari, uno mi fa un complimento e io mi ci crogiolo un po’, cioè mi fa piacere, però a volte…Però questa paura di montarmi troppo la testa […] Cioè tipo hai visto prima? Magari mi dicevi una cosa, era magari positiva, però non mi veniva…ridevo tipo a mezza bocca”. Anche nel corso del colloquio di restituzione, Ragazza commenta: “Le cose che mi hai detto mi sono tornate abbastanza tutte, a parte le cose positive che io…(ride), cioè, non è che non le riconosco, cioè, non l’ho mai viste, però mi fa piacere, cioè, nel senso…sono fiduciosa che esistono…”. In questo senso, sembra che il “filtro delle carezze” (I. Stewart, V. Joines, 1990) di Ragazza, non faccia passare le carezze positive, né quelle provenienti dall’esterno, che lei sente estranee o prive di fondamento, né quelle che lei stessa potrebbe darsi, proprio per la “paura di diventare egocentrica”.

Copione Spinte Dall’esame dei colloqui, sembrano emergere due spinte principali da cui possiamo cogliere i messaggi di controcopione che, provenienti dal Genitore dei genitori e diretti al Genitore della figlia, concorrono alla costituzione della matrice di copione. Ragazza, infatti, sembra mettere spesso in atto dei comportamenti-spinta in risposta ai messaggi “SFORZATI” e “SII MIGLIORE”. Dai contenuti dei colloqui, infatti, possiamo rilevare come Ragazza faccia spesso riferimento a quelle frasi (“Potevi fare di più”; “Devi dare di più”) che pronuncia anche in modo reiterato e con un tono di voce quasi stanco, allorché parla, in particolare, dei suoi studi sia passati (fin dalle Elementari: “Dovevo essere sempre brava”) che attuali (rispetto agli esami, nonostante vangano superati, Ragazza avverte comunque un senso di insoddisfazione, che mette in relazione alle esigenze della madre: “soddisfattissima non sono di me, […] potevo fare di più, […] forse perché, per esempio, la mia mamma è quella che mi dice sempre che, se volevo, potevo fare qualcosa…[…] Io son convinta che, se prendessi 30, a lei non gli andrebbe bene perché vorrebbe 30 e lode, perché “Se facevi un pochino di più, prendevi 30 e lode” […] C’avevo sempre questa cosa, che, forse, se mi ci impegnavo ancora un po’ di più, qualcosa di meglio ci tiravo fuori.”). Ancora, la spinta “Sforzati” emerge anche ogni volta in cui, nei miei confronti, Ragazza fa affermazioni quali: “C’è da fare un bel lavoro!”, “E’ difficile” riferendosi ai cambiamenti personali che vuole effettuare nel corso della consulenza. Ingiunzioni Per quanto riguarda le ingiunzioni che vengono trasmesse dal Bambino del genitore al Bambino del bambino, in Ragazza si potrebbe ipotizzare la presenza del messaggio “NON ESSERE PICCOLA”. La ragazza, infatti, sostiene che i suoi genitori l’hanno sempre responsabilizzata molto, soprattutto nei confronti della sorella più piccola. A questa ingiunzione, sembrano affiancarsi altri messaggi negativi, precedentemente evidenziati a proposito delle carezze positive che Ragazza non si da il permesso di accogliere: “Non essere troppo felice”, “Non montarti troppo la testa”, “Non essere troppo piena di te”.

Adattamenti di personalità Se prendiamo in considerazione gli adattamenti di personalità (I. Stewart e V. Joines, 1990; Kahler, 1996), in Ragazza sembra che si possano rilevare alcune caratteristiche appartenenti al quadrante “ATTIVO-RITIRATO”. Partendo, infatti, dalle due dimensioni che definiscono la “Matrice di valutazione” (Kahler, 1996) (attivo-passivo e ritirato-coinvolto), la ragazza evidenzia aspetti che rimandano ad un approccio attivo nei confronti della risoluzione dei problemi (“quando sto male […] di solito c’ho uno spirito di reazione abbastanza elevato, non mi piace stare a crogiolarmi”). Ancora, nelle situazioni sociali, le piace prendere l’iniziativa (“se ci sono delle persone nuove, di solito sono sempre io la prima a andare […] Anche, per dire, il mio fidanzato incontra una persona […] non mi piace stare in disparte, cioè, mi piace presentarmi”). Relativamente alle relazioni interpersonali, Ragazza preferisce stare con poche persone e le piace anche trascorrere dei momenti in solitudine, nonostante ultimamente questo le risulti difficile a causa dei vissuti di ansia: [Preferisco stare] con poche persone. Ecco, grandi gruppi mi sento solo un numero, quando siamo in tanti non mi riesce tanto…o sono persone che conosco benissimo o , di solito, mi metto in disparte. Però, se siamo in pochi, sono anche abbastanza spiritosa, non sono una musona, cioè, mi piace”; “e una cosa che mi piace tanto anche è stare da sola, però ultimamente, cioè non mi riesce, cioè a me mi piacerebbe anche andare, per dire, una sera da sola sul mare […] o anche andare a comprare qualcosa da sola, andare a fare un giro in centro”. L’individuazione dell’adattamento di personalità ci consente di fare una riflessione sulle “porte” di Ware. Nel quadrante “attivo-ritirato” la porta “aperta”, ovvero l’area maggiormente investita e quella a partire dalla quale la persona preferisce essere contattata inizialmente, è quella del pensiero. Solo una volta avvenuto l’approccio a questo livello, ci si può rivolgere alla porta “bersaglio”, quella delle emozioni, per promuovere dei cambiamenti, tenendo conto della necessità di integrazione con l’area dei pensieri. Infine, ci si può dirigere verso la porta “trappola”, l’area del comportamento, quella in cui si rileva la maggiore vulnerabilità.

 

Test del Rorschach

Nel corso del III incontro, dopo aver verificato la disponibilità da parte di Ragazza, è stato somministrato il test di Rorschach, successivamente siglato secondo il metodo della Scuola Romana Rorschach. Dall’elaborazione dei dati emersi, si rilevano alcune aree interessanti. Area cognitiva. Il funzionamento cognitivo di Ragazza appare buono. Esso è caratterizzato sia da capacità di sintesi, di astrazione e di integrazione, sia da capacità di analisi, da senso pratico e da concretezza (Tipo di Comprensione: G (D)). Anche le attitudini alla programmazione trovano adeguate abilità di concretizzazione e realizzazione. Il pensiero è arricchito da produttività ideativa e da capacità di introspezione e di elaborazione interiore.

Area affettiva. La vita affettiva di Ragazza risulta particolarmente ricca ed adeguatamente gestita. In particolare, si riscontra una tendenza piuttosto marcata all’autocontrollo e al controllo della realtà, mentre risulta non sempre adeguata la capacità di gestione dell’ansia. Si evidenzia, infatti, come la ragazza, di fronte ai vissuti di angoscia, tenti di ricorrere alle proprie risorse cognitive, ma non sempre vi riesca: ne deriva un emergere dell’ansia a livello di alcune aree maggiormente conflittuali. Area sociale. Ragazza risulta adeguarsi bene alla realtà circostante, mostrando di utilizzare le proprie risorse di adattamento e di inserimento. La ragazza appare portata ai contatti affettivi e capace di stabilire delle relazioni oggettuali evolute, profonde e stabili, arricchendole con un’affettività ben gestita. Talvolta queste relazioni potrebbero essere caratterizzate da aspetti narcisistici: si rileva, infatti, un nucleo di fragile stima di sé, che potrebbe evidenziarsi sia attraverso aspetti di insicurezza e di autosvalutazione, sia attraverso un forte bisogno di conferme e di riconoscimento da parte degli altri.

 

Ipotesi di profilo di personalità

A conclusione della fase di consultazione diagnostica, si cerca di delineare alcune ipotesi a partire dai colloqui, dall’osservazione e dal test somministrato. Attraverso la tecnica della “concordanza degli indicatori diagnostici” (Lis, 1993), si elaborano alcune ipotesi mettendo a confronto gli aspetti emersi dallo studio dei singoli strumenti. In tal modo, stabilendo delle connessioni, si evidenziano le aree problematiche, ma anche le risorse ed il possibile significato del sintomo. Si delineano, quindi, alcune proposte di lavoro e alcuni obiettivi di cambiamento.

L’aspetto da cui iniziare a formulare una prima ipotesi, è quello dell’area narcisistica. Come abbiamo, infatti, rilevato dal Rorschach, dai colloqui e dalla lettura analitico transazionale, Ragazza presenta delle problematiche in quest’area: si evidenzia una fragile stima di sé, che si esprime attraverso un senso di inferiorità ed una tendenza alla svalutazione all’ipercritica verso se stessa: la spinta “Sii migliore” può essere messa in relazione a questi vissuti di inadeguatezza. Si accompagna ciò un forte bisogno di riconoscimento, di approvazione e di stima. Ragazza, nello stato di BA, è molto bisognosa di accettazione e di approvazione e nel tentativo di soddisfare le richieste esigenti che si esprimono anche attraverso il GN, si avverte la fatica del suo “sforzo”, in una condizione di “essere OK condizionato”. A questo si possono mettere in relazione anche quei sensi di colpa che Ragazza esprime ogni volta in cui teme di non aver corrisposto alle aspettative e continua a ripetersi “Potevi fare di più”. Questa ricerca di riconoscimento sembra essere resa ancora più difficile da quelle restrizioni che Ragazza avverte rispetto alla possibilità di accogliere ed accettare carezze positive provenienti da se stessa o dagli altri: sembra che, dietro a questa accettazione, si celi la minaccia dell’apparire egocentrica e vanitosa. L’alternativa, allora, diventa quella di “ridere a mezza bocca”, ricorrendo al marcato autocontrollo che la caratterizza (Indice di Autocontrollo del Rorschach).

Proprio a partire da questo intenso bisogno di riconoscimento, Ragazza sembra vivere un senso di forte ansia soprattutto in quei momenti della sua vita nei quali scorge minacce ancora più marcate nei confronti del soddisfacimento di tale bisogno. Ed ecco che l’ansia emerge in situazioni che rimandano al tema delicato della separazione e a quello dell’imprevedibilità.

Il tema della separazione, infatti, sembra sollecitare in Ragazza una grande sofferenza ed angoscia. Nella raccolta della storia, ella sottolinea come già alla Scuola Materna piangesse nel momento in cui si doveva separare dalla mamma. Anche rispetto alla storia del sintomo, si rileva come gli attacchi di panico sopraggiunti all’età di 18 anni, coincidano con l’ultimo anno delle Superiori, quello degli esami di Maturità, quello della conclusione di un percorso e della separazione da un ambiente scolastico conosciuto, per andare verso una nuova dimensione, sconosciuta, con nuove richieste di responsabilità, con nuove aspettative, verso una nuova identità di persona più grande, meno bambina. Sembra importante sottolineare come proprio questo dover rinunciare ad essere bambina, ad essere quella bambina bisognosa poco riconosciuta anche a causa di quel “Non essere bambina”, le crei disagio e ansia. Anche in questo momento della sua vita, infatti, a pochi esami dalla laurea, Ragazza sembra avvertire che studiare significa laurearsi e, quindi, crescere e, di qui, perdere definitivamente la possibilità di venir riconosciuta come bambina sofferente e bisognosa di affetto e protezione. E con il sintomo Ragazza cerca proprio questa accoglienza, questo calore, questa protezione: per tranquillizzarsi nei momenti di maggiore ansia, la ragazza ricerca la presenza del padre, della madre o del fidanzato (“dico: «Guarda, mamma, mi sento…»; [raccontando di un episodio di ansia accaduto a lavoro] avevo già chiamato il mio babbo: «Guarda, stai pronto, perché forse mi devi venire a prendere»; […] l’altra sera stavo male, m’era presa quest’ansia grossa, la mia nonna era a letto, l’ho chiamato [Ragazzo], gli ho detto se poteva venire…poi è venuto, […] alla fine mi sono tranquillizzata”). Sembra, cioè, che il sintomo abbia la “funzione” di assicurarle, nei momenti di emergenza, quei comportamenti di vicinanza, da parte delle persone più care, di cui sente il forte bisogno per quelle carenze rilevate a livello narcisistico.

E questi bisogni, dicevamo, emergono in modo particolare in questo periodo della vita di Ragazza, in quest’ultima fase dell’adolescenza, in questa fase di transizione dall’adolescenza all’età adulta, in questo momento di distacco e di individuazione, in cui la persona si ridefinisce nella propria identità:

“Il rapporto con se stessi muta e, da una situazione in cui il Sé era investito soprattutto attraverso l’immagine che al bambino veniva trasmessa dai genitori, l’Io dell’adolescente deve riuscire ora a investire se stesso in proprio e non più tramite l’immagine dei genitori” (Senise, 1990) In tal senso, Ragazza sembra alla ricerca di una chiara definizione del Sé, e lo sta facendo anche attraverso il rispecchiarsi negli altri. Più volte, nel test di Rorschach, emerge il contenuto di un paesaggio che si riflette: in una lettura simbolica, si potrebbe cogliere l’indefinitezza dei contorni che, nel riflettersi, ricerca un maggiore definizione, una immagine più chiara, quasi come sta facendo Ragazza nella sua fase di transizione dall’adolescenza all’età adulta, nel tentativo di una ridefinizione di sé.

Un’altra ipotesi che si può avanzare, è quella per cui, in questa ricerca di definizione, si intensificano quelle difficoltà che Ragazza incontra di fronte alla gestione dell’imprevedibilità in considerazione della sua spiccata tendenza all’autocontrollo. Come, infatti, emerge dal Rorschach (Indice di Autocontrollo) e dai colloqui, la ragazza presenta una marcata tendenza all’autocontrollo, che potrebbe essere messa in relazione all’importanza che il GN viene ad avere, con le sue direttive, nella personalità di Ragazza. Perciò, nel momento in cui sono presenti elementi di imprevedibilità, essi vanno ad interferire con questo controllo e possono sollecitare una reazione di ansia. Ragazza esprime, infatti, il suo forte turbamento di fronte a fatti e situazioni come la morte del nonno materno, la cui notizia è giunta all’improvviso, senza alcun preavviso e, quindi, senza alcuna possibilità di preparazione. Ancora, l’attuale relazione con Ragazzo, la pone di fronte all’incontrollabilità del comportamento del ragazzo (“Anche qui, ho il terrore che lui un giorno, come ha già fatto altre volte, mi dica «Io non ti amo»”). Anche in famiglia Ragazza avverte questo senso di imprevedibilità: “…i miei genitori hanno un po’ questa cosa: di solito, quando succede qualcosa di brutto, tace sempre tutto, però si respira che c’è qualcosa nell’aria […] e poi, di punto in bianco, […] ti sparano tutto insieme. […] Io veramente li ho odiati, in quei momenti lì. […] Mi ricordo una volta, più o meno avevo 12 anni, alla mia mamma stavano facendo degli accertamenti perché gli si era bloccata tutta la parte destra o sinistra del corpo e quindi non sapevano cos’era. Un giorno…questo il mio babbo…io e la mia sorella stavamo litigando,, non so, e lui ci urlò che forse la nostra mamma c’aveva un tumore al cervello” […] Ti senti proprio impotente a…”. E ancora, racconta: “E poi ultimamente è risuccesso […] eravamo al tavolino, in una discussione, nervosismo che si tagliava, perché proprio si vedeva; a un certo punto la mia mamma, con un fare…ha detto: «Ah, io forse…» non mi ricordo bene il discorso, però disse che forse aveva un altro tumore. Così. Io ho avuto una reazione bruttissima”. Sembra, quindi, che in famiglia ci sia un netto contrasto tra la tendenza a tenere tutto sotto controllo ed il modo improvviso, incontrollato, con cui si danno queste notizie di malattia e di morte: “a casa mia è tutto sotto controllo […] deve essere tutto perfetto. […] E, invece, se devono dare una notizia brutta, te la sparano così e via come se niente fosse”. E Ragazza sembra proprio ricalcare, per certi versi, questa modalità nel suo funzionamento: ha una forte tendenza all’autocontrollo, ma di fronte a certi fattori, soprattutto, come abbiamo visto, quelli connessi alla separazione e all’imprevedibilità, non riesce a gestire adeguatamente l’ansia che viene sollecitata. E gli elementi della separazione e dell’imprevedibilità contraddistinguono particolarmente questa periodo della vita di Ragazza, sia per la fase evolutiva, l’”età incerta”, appunto (Vegetti Finzi, Battistin, 2000), sia per l’avvicinarsi della conclusione dei suoi studi, sia per la relazione con Ragazzo. Il rapporto con quest’ultimo, infatti, da Gennaio ha presentato difficoltà che hanno fatto emergere, in Ragazza, un senso di ansia. Il ragazzo, infatti, si mostra imprevedibile e suscita, in Ragazza, sia un senso di colpa che una paura di essere lasciata: “…a cambiare idea ci mette, cioè, proprio con la velocità della luce, da vedermi come la donna della sua vita […] poi magari succede qualcosa e mi dice: «Lo vedi, io e te non si può stare insieme»”; “ Ci sono stati dei periodi in cui, non potevo respirare, che ce l’avevo addosso, qualsiasi cosa facevo «Come stai, come non stai? Cosa hai fatto? Usciamo insieme, io ho bisogno di stare con te». E poi, di punto in bianco, si stacca”. Ecco, allora, che il rapporto con Ragazzo le ripropone i temi delicati della separazione e dell’imprevedibilità, che le suscitano un senso di impotenza e di ansia.

Ancora, il tema della separazione ricorre anche nel rapporto con la madre, che è caratterizzato da una certa ambivalenza. Ragazza presenta un’immagine di madre forte, esigente e critica, le cui direttive sono ricalcate dal GN che tanta parte occupa nella ragazza. E’ presente il desiderio di separazione e di indipendenza, per cui Ragazza tenta di ritagliarsi degli spazi di autonomia: per sfuggire, ad esempio, ai rimproveri e alle interferenze della madre, decide di trasferirsi per qualche giorno dalla nonna per preparare l’esame in tranquillità. D’altra parte, è altresì intenso il bisogno di approvazione e di conferme da parte del suo BA e del suo nucleo narcisistico e questo rende difficile il processo di distacco, come se quest’ultimo scorcio di adolescenza fosse l’ultima possibilità che Ragazza sente di avere per poter sentire quel riconoscimento che sembra non aver sufficientemente avvertito da parte della figura materna (da piccola “mi è mancata un po’ la mia mamma”). Ed ecco che, nel Rorschach, in Tav. VII, la Tavola che le rappresentazioni mentali e gli atteggiamenti psicologici rispetto al femminile e, in particolare, rispetto alla figura materna (Giambelluca, Parisi, Pes, 1995), Ragazza dice “due donne che stanno ballando, però c’hanno la testa attaccata, si danno le spalle”. Si potrebbe, dunque, pensare ad una risposta di tipo simbiotico, in cui, tuttavia, è anche presente il darsi le spalle, il non guardarsi. In questo processo di separazione Ragazza può comunque contare sulle risorse che presenta a livello di capacità di contatto e di relazione, così come emerge dal Rorschach e dai colloqui. In tal senso, gli amici, di cui parla con piacere e soddisfazione, possono costituire nuovi modelli di identificazione ed “offrire indicazioni importanti per lo sviluppo della sua «idea di sé»” (Petter, 1990).

Le altre aree a livello delle quali si possono individuare risorse da evidenziare e da rendere presenti alla consapevolezza di Ragazza, perché vi possa attingere per la gestione delle sue problematiche, come vedremo meglio nelle proposte di lavoro, sono quelle relative alle capacità cognitive, all’autoconsapevolezza, al desiderio di cambiamento, alla progettualità cui si accompagnano capacità di realizzazione.

 

Proposte di lavoro

A partire dalle considerazioni fatte e dalle ipotesi avanzate, possono essere elaborate alcune proposte di lavoro da attuare nel percorso di sostegno che è possibile avviare con Ragazza una volta conclusa la fese della consultazione diagnostica. Innanzitutto, tenendo in considerazione la “porta aperta” di Ware, è importante che il contatto iniziale avvenga a livello del pensiero. Abbiamo già sottolineato come Ragazza presenti un buon livello cognitivo e questo ci consente di avviare il percorso iniziando a “pensare insieme a lei”. L’obiettivo generale che possiamo darci è quello di accompagnare e sostenere Ragazza nel percorso della costituzione di un’identità adulta. Per fare ciò, possiamo partire dalle capacità di introspezione e di elaborazione che la ragazza presenta, avviandola verso una maggiore acquisizione di consapevolezza di sé, della propria personalità e delle modalità di funzionamento che si evidenziano in questo periodo della sua vita, in cui sembrano riacuirsi i vissuti relativi alle tematiche della separazione e dell’incertezza.

In tal senso, la mia funzione può essere quella di determinare un “effetto-specchio” (Senise, 1990), rimandandole l’immagine costituita attraverso il processo di identificazione. Diventa altresì importante sostenerne le spinte verso l’autonomia e la progettualità nei confronti della vita futura, contando anche sulle sue capacità di concretizzazione e di realizzazione.

E’ importante, a partire dalla mia sollecitazione del GP, offrire accoglienza e riconoscimento alla parte sofferente di Ragazza, che ricerca protezione e sostegno per il nutrimento ed il rafforzamento del suo nucleo narcisistico. A tal proposito, diventa importante che Ragazza si dia il permesso di accettare carezze positive dagli altri e di darsene lei stessa:

“per riprenderci la nostra consapevolezza, spontaneità e intimità, dice Steiner, dobbiamo rifiutare il restrittivo addestramento di base che i nostri genitori ci hanno imposto riguardo allo scambio di carezze, e divenire consapevoli che le carezze sono disponibili in quantità illimitata” (Stewart, Joines, 1990).

Rispetto alle spinte “Sii migliore” e “Sforzati”, nell’ambito dello studio Ragazza ha cercato dei modi per conciliarle con i suoi desideri di autonomia (il raggiungimento della laurea) e con il desiderio di divertimento, proveniente dal BL: “Ora penso…faccio quello che posso. Invece alle Elementari qualche sforzo in più lo facevo, poi c’avevo l’ansia anche se non me lo ricordo. E ora invece cerco di fare una botta di qui e una botta di là. Cioè, faccio quello che posso, però voglio stare anche bene, mi voglio divertire, come l’Università: io non ho preso solo l’Università, io ho deciso anche di lavorare, perché non volevo assolutamente…innanzitutto secondo me era troppo snervante, cioè…se non lavori e non fai niente almeno al voto devi puntare, […] però diventava ancora più pesante, perché allora, se prendevi un voto basso, diventava: «Te non lavori, non fai niente, quello è il tuo lavoro, devi dare di più». Allora preferisco fare tutto quello che posso, però nei limiti, voglio fare tutto, non voglio che mi manchi niente, mi voglio divertire, mi voglio laureare, però tutto equilibrato”. In particolare, per contrapporsi alle spinte “Sii migliore” e “Sforzati”, si possono dare piccoli obiettivi concreti, di cui verificare ed evidenziare il raggiungimento. A tal proposito, si è rivelato utile accompagnare Ragazza nella preparazione dell’esame, che ha poi sostenuto e superato così come ci siamo proposti nel contratto iniziale. A conferma di ciò, Ragazza ha evidenziato l’utilità di avere piccoli obiettivi e piccoli compiti: “E’ facile fare le cose quando c’ho degli stimoli. Come quando vengo qui, ora a casa mi porto la lezione, poi è nel mio carattere”. Ancora, per ridurre il peso del GN e del BA, diventa importante incoraggiare l’espressione del BL, attraverso una maggiore presa di consapevolezza dei propri bisogni e delle proprie emozioni, trovando adeguate modalità di verbalizzazione e di comunicazione anche all’interno delle relazioni interpersonali al i fuori del setting della consultazione. A questo proposito, è da sottolineare come Ragazza faccia emergere alcuni aspetti del BL allorché, nella relazione, sono trascorsi i primi momenti dell’impatto iniziale. Questo aspetto si riscontra anche nel corso della somministrazione del Rorschach: al termine della raccolta delle Risposte, durante le Prove Supplementari, in particolare, nella Pinacoteca, in cui si chiede di attribuire un titolo ad ogni Tavola, Ragazza dà alcune risposte maggiormente elaborate, arricchendo con fantasia i contenuti dati in precedenza (Tav. IX: “Va’ dove ti porta una Vespa”). Sembra, quindi, che il suo BL emerga quando la ragazza si sente più tranquilla e in una condizione di maggiore familiarità con la persona con cui è in relazione, ma anche con l’ambiente e con la situazione circostante.

Per realizzare questi obiettivi, Ragazza evidenzia un forte desiderio di cambiamento, che le consente di cercare modalità nuove di reazione. A proposito dell’esame che è riuscita a sostenere e a superare, la ragazza racconta di come, di fronte al desiderio di ripetere il comportamento delle volte precedenti, nelle quali, dopo essersi seduta di fronte al docente, diceva di non sentirsi pronta e se ne andava, questa volta abbia agito diversamente: “Sono venuta qui perché volevo cambiare qualcosa e se avessi rifatto le stesse cose di due-tre esami fa, non sarebbe cambiato niente”.

 

Conclusioni

A conclusione del processo di consultazione diagnostica, viene fatta a Ragazza una restituzione, nella quale si evidenziano le aree critiche ed il modo in cui esse si inseriscono all’interno del quadro generale della personalità. Si rendono evidenti alcune connessioni e si mettono in luce le risorse e le potenzialità individuate. Quindi, si propone a Ragazza una serie di colloqui di sostegno. Questi ultimi avranno l’obiettivo di accompagnare la ragazza in questa fase della sua vita: la mia funzione, sarà quella di fungere da “Io ausiliario”, lungo il processo di autoconoscenza (Lis, 1993).

 

Bibliografia

ALIPRANDI M., PELANDA E., SENISE T. (1990). Psicoterapia breve di individuazione. Feltrinelli, Milano.

BERNE E. (1979). “Ciao!” …E poi?. Bompiani, Milano.

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DUSAY J. (1977) Egograms. Harper & Row, New York.

GIAMBELLUCA F.C., PARISI S., PES P. (1995). L’interpretazione psicoanalitica del Rorschach. Modello dinamico strutturale. Kappa, Roma.

LIS A. (1993). Psicologia clinica. Problemi diagnostici ed elementi di psicoterapia. Giunti, Firenze.

LIS A. (1998). Casi clinici. Training pratico per studenti e psicologi clinici. Upsel Domeneghini, Padova.

MOISO C., NOVELLINO M. (1982). Stati dell’Io. Le basi teoriche dell’Analisi Transazionale Integrata. Astrolabio, Roma.

PETTER G. (1990). Problemi psicologici della preadolescenza e dell’adolescenza. La Nuova Italia, Firenze.

STEWART I., JOINES V. (1990) L’Analisi Transazionale. Guida alla psicologia dei rapporti umani. Garzanti, Milano.

VEGETTI FINZI S., BATTISTIN A.M. (2000). L’età incerta. I nuovi adolescenti. Mondatori, Milano.