Giovane imprenditore

Dicembre 2009

L’obiettivo di questo lavoro è quello di analizzare le dinamiche di gruppo all’interno di una piccola azienda, in seguito al cambiamento della leadership.

1 Introduzione

L’obiettivo di questo lavoro è quello di analizzare le dinamiche di gruppo all’interno di una piccola azienda, in seguito al cambiamento della leadership. L’azienda inizialmente è costituita dal suo fondatore e amministratore, da un socio e da un impiegato. Negli anni successivi, l’azienda cresce, fino a raggiungere un numero di collaboratori pari a dodici.

L’obiettivo è quello di analizzare le dinamiche di gruppo aziendali con riferimento, in particolare, al gruppo di lavoro presente nel duemilanove, anno in cui l’amministratore decide di intraprende un progetto di riorganizzazione aziendale. La riorganizzazione aziendale è affidata al socio, assunto dal duemilaquattro con la mansione di progettista, al quale, in seguito ad una promozione avvenuta nel duemilanove, è affidata la mansione di direzione generale.

La decisione di intraprendere il progetto di riorganizzazione aziendale è contestuale con un altro grosso cambiamento che l’azienda deve affrontare. Due collaboratori, che lavorano per la ditta dall’inizio della sua attività, attualmente con mansioni di responsabilità, decidono di lasciare l’azienda, lasciando vacanti due ruoli strategici.

L’amministratore decide di sostituire i vecchi collaboratori con tre nuovi collaboratori. Questo cambiamento darà origine al gruppo sul quale sarà fatta l’analisi delle dinamiche. Un altro obiettivo di questo lavoro è quello di analizzare gli strumenti e le strategie messe in atto dalla leadership, per agevolare il processo di riorganizzazione aziendale analizzando la risposta del gruppo al cambiamento.

Prima di iniziare l’analisi vera e propria, di seguito, sono riportati dei cenni teorici sulla teoria dei gruppi in AT, utilizzata come base per l’analisi.

 

2Il Gruppo in AT

2.1Il gruppo come intero

Gli esseri umani sono nati in gruppo, vivono in gruppo ed esistono attraverso il gruppo. I leader hanno a che fare con individui che sono stati formati dalle esperienze pregresse di gruppo. Questo assunto è importante per comprendere le fasi di sviluppo del gruppo, dalla sua formazione al suo sviluppo nel tempo. Il gruppo è il luogo in cui l’individuo ha le maggiori possibilità di distruzione o guarigione. La prima esperienza di gruppo per ogni essere umano è la sua famiglia; ed è proprio al suo interno che si formano le basi di quella che sarà la sua relazione, in termini di ingiunzioni o permessi, all’interno dei gruppi di cui farà parte nella sua vita. Berne, oltre a sviluppare un sistema basato sull’analisi transazionale per la terapia di gruppo come mezzo di cambiamento individuale, si interessò al processo di gruppo e al fenomeno di gruppo come intero, come unità, che Foulkes (1951) ed altri avevano studiato. Berne ha sottolineato come ogni gruppo sia caratterizzato da una sua cultura, che si esprime attraverso il bon-ton del gruppo (etiquette), la cultura tecnica e il carattere del gruppo. Queste categorie possono essere assimilate agli stati dell’Io Genitore, Adulto e Bambino dell’individuo.

2Alla luce di ciò il gruppo, visto come intero, oppure un’organizzazione, può essere rappresentata con un diagramma GAB. Ogni gruppo come intero ha una sua personalità che va oltre la somma delle individualità che lo costituiscono. Il gruppo-come-intero costituisce una entità unica e caratteristica che si evolve in prevedibili stadi di sviluppo e maturazione.

Ogni gruppo ha uno scopo “apparentemente” comune. Si usa il termine “apparentemente” in quanto ogni individuo che compone il gruppo condivide a livello sociale con gli altri membri l’obiettivo dichiarato, ma a livello psicologico potrebbero esistere molti altri livelli di obiettivi che possono essere in conflitto, coincidere o essere complementari rispetto ai primi. Le diverse fasi di un gruppo, messo insieme con uno scopo specifico e i cui membri rimangano insieme dall’inizio alla fine, sono solitamente riconoscibili e prevedibili. La conoscenza di queste fasi è importante e potenzialmente utile ad ogni persona che sia membro o leader di un gruppo.

Rispetto al gruppo di lavoro, potremmo definire:

il confine esterno: definisce esattamente chi è dentro e chi è fuori dall’azienda;

il confine interno principale: definisce il confine tra gli ambiti della leadership e gli ambiti dei membri dell’azienda, cioè definisce il ruolo del leader;

il confine interno secondario1: definisce i confini tra i membri dell’azienda, cioè i ruoli dei collaboratori;

il confine interno secondario2: definisce i confini tra i diversi gruppi di lavoro che operano all’interno dell’azienda, cioè le responsabilità di ogni team;

Ogni confine è caratterizzato da una serie di transazioni che costituiscono:

il processo esterno: che comprende le transazioni tra il gruppo e l’ambiente esterno ed è costituito dal rapporto tra l’azienda e il mondo esterno;

il processo principale interno: che comprende le transazioni tra i membri del gruppo e il leader;

il processo interno secondario1: che comprende le transazioni tra i membri del gruppo;

il processo interno secondario2: che comprende le transazioni tra i diversi team di lavoro che operano all’interno dell’azienda.

 

2.2L’immagine del gruppo/Group Imago

Berne definisce l’immagine del gruppo (group imago) come: “qualsiasi disegno mentale, conscio, preconscio o inconscio, di quello che un gruppo è o di come dovrebbe essere” (Berne 1963:321) L’immagine del gruppo esiste nella “struttura privata del gruppo” e si basa sui bisogni, l’esperienza, i desideri e le emozioni personali di ogni individuo. L’aggiustamento dell’immagine del gruppo di individuo, si manifesta nell’evoluzione del gruppo nei diversi stadi. Berne, in “The structure e dynamics of organizations and groups” afferma: “Prima che un gruppo venga in essere deve formarsi anche solo per un breve istante nella mente del suo organizzatore. Possiamo chiamare imago di gruppo provvisoria proprio questa immagine. Quando gli organizzatori sono più di uno allora diventa una fantasia collettiva. Infatti ogni persona che desidera diventare un membro di un gruppo ha un insieme di aspettative. Di queste tuttavia la persona può non essere consapevole fino a che non si confronta con la realtà che quasi sempre in qualche aspetto è diversa dalla sua fantasia. E’proprio dalla sorpresa che ne risulta, o dall’ansia, o dal disappunto che egli impara, se già non ne era consapevole, di avere avuto un certo tipo di aspettative e di dover ora passare attraverso un processo di riadattamento alla situazione attuale.”

 

2.3Il primo stadio dello sviluppo del gruppo

L’immagine provvisoria del gruppo.

“Dovrebbe essere chiaro che ogni membro all’inizio entra nel gruppo con:

1.un bisogno biologico di stimolazione;

2.un bisogno psicologico per la struttura temporale;

3.un bisogno sociale di intimità;

4.un bisogno nostalgico per transazioni modellizzate;

5.un insieme provvisorio di aspettative basate sull’esperienza passata. Il suo compito è allora quello di adeguare questi bisogni e aspettative alla realtà che ha di fronte. (Berne, 1963:221).

Ogni individuo, prima di entrare in un gruppo o prima che il gruppo venga attivato, si forma un’immagine personale del gruppo basata sulle proprie fantasie ed esperienze con i precedenti gruppi. L’individuo costruisce nella propria mente l’immagine provvisoria del gruppo, immaginando di strutturare il tempo al suo interno attraverso i rituali. I rituali sono familiari interazioni sociali che procedono come se fossero pre-programmate, ad esempio un saluto. In questa prima fase gli individui si focalizzano sulla natura e sui confini del compito, hanno idee sulle regole di base e sui comportamenti da seguire (ciò che è accettabile e ciò che non lo è), acquisite nelle loro esperienze passate. In questa fase il soggetto pone l’attenzione principale sul leader, oltre che in termini di condivisione dell’obiettivo anche in termini di dipendenza dallo stesso come guida, e sul come porsi rispetto al leader.

 

2.4Il secondo stadio dello sviluppo del gruppo

L’immagine di gruppo adattata.

Dopo una prima valutazione del gruppo, i membri che lo compongono modificano in maniera superficiale l’immagine iniziale del gruppo rendendola più adatta a strutturare il tempo attraverso i passatempi. I passatempi, come i rituali procedono in un modo che è familiare. Mentre il contenuto dei rituali è programmato in modo rigido, il contenuto dei passatempi non essendo programmato consente all’individuo di inserire delle connotazioni personali. Quando i membri sono coinvolti in passatempi si cimentano in conversazioni generali, rilassanti e informali che non riguardano le attività o il compito del gruppo.

Questa probabilmente è una delle fasi più importanti nella quale il conflitto o la ribellione contro il leader è piuttosto frequente. Non sempre queste dinamiche interne del gruppo sono palesi, alle volte si possono manifestare in maniera nascosta con depressione, passività o mancanza di energia. Questa fase viene spesso considerata come la risposta emotiva alle richieste del compito del gruppo.

Il leader efficace in questo stadio è rappresentato dall’insegnate “deciso e giusto”. Questo stato di conflittualità o ribellione riguarda solo in apparenza la natura del compito, in realtà, a livello psicologico, mette alla prova l’abilità del leader di essere efficace. In altre parole testa le sue capacità, in termini di forza e sicurezza, di resistere alla presa di potere del gruppo. Questo stadio non deve essere visto come una distrazione dal compito centrale ma come un passaggio necessario per stabilire la modalità più efficiente per raggiungere l’obiettivo.

 

2.5Il terzo stadio dello sviluppo del gruppo

Il terzo stadio corrisponde alla fase in cui i membri del gruppo si addestrano con l’obiettivo di raggiungere l’omogeneità. E’ in questo momento che si sviluppa all’interno del gruppo la coesione. In questa fase i giochi vengono espressi e la tolleranza verso i livelli sia dei giochi sia dei racket vengono stabiliti. E’ il tempo dei giochi per eccellenza e in cui si rivive il dramma di famiglia. In questa fase l’intuito è più attivo, i partecipanti si sentono più sicuri del gruppo e si impegnano di più sul futuro del gruppo. C’è scambio di emozioni ed un clima di sostegno reciproco. Il gruppo ha ben chiaro quale sarà il modo di procedere per il futuro, seguendo le consuetudini condivise già sviluppate.

 

2.6 Il quarto stadio dello sviluppo del gruppo

Il quarto stadio corrisponde al momento dell’agire. In questa fase la struttura del gruppo è ben definita e consente di facilitare il proseguimento del lavoro del gruppo. Il gruppo di lavoro inizia a risolvere in maniera efficace le problematiche che si trova ad affrontare. L’intimità tra i membri del gruppo e il leader è più frequente, i propri sentimenti ed esigenze possono essere espressi senza censura.

 

3La leadership

3.1 I compiti della leadership nel primo stadio del gruppo

Il processo attraverso il quale l’immagine provvisoria del gruppo cambia è influenzato dalle caratteristiche dei suoi membri ma anche dai comportamenti e dai compiti di chi esercita la leadership. In questo stadio i compiti prioritari del leader sono definire il confine esterno e i principali confini interni ed esterni del gruppo. Esiste la necessità di:

-Definire contratti chiari tra i membri del gruppo e il leader

-Tra i membri del gruppo l’un con l’altro. La leadership oltre a definire chi è dentro e chi è fuori dal gruppo, chi comanda (chi è in posizione di potere) definirà il confine fra glia ambiti della leadership e gli ambiti dei membri, quali sono le responsabilità che devono essere condivise e quali sono le responsabilità del solo leader. La leadership ha bisogno di essere bilanciata affinchè possa portare all’empowerment dei membri.

Così come accade nello sviluppo di un bambino, i leader non possono evitare di essere leader se questo è il bisogno psicologico del gruppo nelle sue fasi iniziali, così come un genitore non può esimersi dalle proprie responsabilità genitoriali senza mettere in pericolo il bambino. Il compito del leader responsabile, in questo caso è stabilire le regole. E’ necessario stabilire la dipendenza prima di contrastarla. Il leader del gruppo, come un genitore, deve avere il coraggio di farsi amare sapendo, per tutto il tempo, che lo scopo ultimo è perdere questo potere.

I leader, con una certa esperienza di gruppi, hanno imparato che a causa dell’eccessiva ansia, gli individui non “ascoltano” ciò che viene detto nella prima sessione di lavoro, rendendo necessaria una nuova dichiarazione quando i membri del gruppo saranno più rilassati e meno ansiosi. Un eccessiva ansietà risulta distruttiva in quanto impedisce al leader di mettersi in ascolto del gruppo. Tale ansia necessita di essere gestita sia rispetto alle tematiche personali che a quelle di contro- trasfer nel processo di gruppo.

Il compito del leader è allora quello di trovare, per il gruppo, un livello ottimale di ansietà. Berne definisce la fame-di-struttura come una delle necessità di base dell’essere umano (Berne 1963: 215, 237). La fame di leadership è imperniata invece sulla necessità che il leader fornisca una struttura per il gruppo entro cui le individualità e la creatività possano fiorire. (ibid., 216). Il leader, dunque, svolge all’interno del gruppo un ruolo simile a quello del genitore.

Il tempo costituisce uno dei confini più significativi che influenza maggiormente la sicurezza e la fiducia degli esseri umani. Di seguito un elenco, redatto sulla base di feedback raccolti in molti anni, dei comportamenti identificati come i più distruttivi o i più costruttivi. Osserviamo che un comportamento costruttivo può diventare distruttivo se usato in maniera errata, così come un comportamento distruttivo può essere, in certe situazioni, essere utile, provocatorio o creativo.

 

 

SCHEMAIMPRENDITORE1

3.2 I compiti della leadership nel secondo stadio

L’obiettivo della leadership è mantenere i confini e il compito del gruppo, intatti e allo stesso tempo permettere ai membri del gruppo le massime opportunità per testare la situazione. Il leader ha bisogno di contrastare gli attacchi del gruppo senza punire o crollare evitando di difendersi o giustificarsi (ad esempio dicendo: “Sto solo cercando di farti un piacere…”).

La necessità di soddisfare i propri bisogni, non corrispondenti all’immagine, conducono i membri del gruppo verso conflitti e polarizzazione, in altre parole verso comportamenti finalizzati ad attrarre o far convergere su di se l’attenzione. La lotta o la fuga possono essere risposte prevedibili all’ansietà o alla paura. Nei gruppi in cui il leader è percepito come capace di incutere troppo timore o troppo fragile per essere “testato” o posto sotto indagine, possono esplodere, fra i membri del gruppo, conflitti prematuri o polarizzazione. Nelle fasi iniziali, una gestione non soddisfacente da parte del leader, spesso si manifesta, in maniera mascherata, attraverso una apparente impossibilità di conciliazione tra le differenze dei diversi membri del gruppo.

Di seguito un elenco, redatto sulla base di feedback raccolti in molti anni, dei comportamenti identificati come i più distruttivi o i più costruttivi nel secondo stadio di sviluppo del gruppo.

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3.3 I compiti della leadership nel terzo stadio

I compiti del leader si focalizzano sulle dinamiche interpersonali e sul modellamento di comportamenti su cui si fondano le consuetudini costruttive del gruppo. Il leader, nel caso in cui abbia le competenze, può fornire una formazione su, per esempio, saper leggere le emozioni e proporre informazioni e risorse. Dove il commento sui processi personali è ritenuto appropriato, il leader può dare una formazione sulla teoria dei giochi. Inoltre può facilitare il feedback su come ogni membro porta avanti i suoi giochi e recita i suoi copioni e, al gruppo intero, su come gli altri membri vengono motivati nel clima del gioco. Il leader, inoltre, ha il compito di motivare, modellare e fornire messaggi al livello psicologico congrui con i valori proposti.

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3.4 I compiti della leadership nel quarto stadio

In questa fase, il leader deve prestare particolare attenzione a mettere in atto comportamenti costruttivi, concedendo ai membri del gruppo la possibilità di compiere atti di leadership, senza perdere la posizione dominante di leader, con la maggiore responsabilità del gruppo. Nei gruppi efficaci, l’incarico del leader può essere lasciato e occupato da uno o più dei leader adatti del gruppo. Comportamenti costruttivi del leader includono il dare incoraggiamenti, riconoscimenti positivi e il mantenimento del minimo controllo. Il leader continua a dare sicurezza al gruppo, attraverso il suggerimento di strutture e di risorse, con proposte del tipo ‘proviamo questo’, e si rilassa godendo il permesso del gruppo di giocare e di lavorare. Egli può essere visto come una persona intera, autentica e spontanea, che si muove da un ruolo all’altro, cioè dal ruolo di leader a quello di membro del gruppo, dando un ulteriore possibilità, cioè quella di prestare appoggio al leader invece che compiere delle azioni per lui.

Il gruppo è diventato autonomo e non si serve più del leader come nelle fasi precedenti; allo stesso modo il leader può ricevere di più dal gruppo, concedendosi di essere presente ma di dare minore importanza al monitoraggio delle esigenze precedenti del gruppo.

SCHEMAIMPRENDITORE4

4 Analisi iniziale

Nei paragrafi successivi sarà analizzato il contesto, in termini di andamento generale dell’azienda, di gruppo e di leadership in cui si trova ad operare la nuova direzione generale, focalizzando l’attenzione sui punti di forza e sulle criticità, con l’obiettivo di stabilire un piano d’azione.

 

4.1 La situazione aziendale

Come accennato precedentemente, il team di lavoro dell’azienda è costituito da dodici collaboratori, di età compresa tra i venti e i quarant’anni, che ricoprono principalmente ruoli di tipo tecnico. Solo tre di essi svolgono oltre a mansioni di tipo tecnico, mansioni di tipo gestionale/coordinamento nell’ambito della produzione.

L’azienda decide di intraprendere un progetto di riorganizzazione aziendale spinta soprattutto da:

-Un aumento eccessivo dei costi di produzione.

-Bassa produttività a fronte di un grosso impegno da parte dei collaboratori.

-Manifestazioni da parte dei collaboratori di disagio nelle relazioni con gli altri membri del gruppo e con il leader, forte stress lavorativo.

L’atmosfera che si respira in azienda è di disordine e disorientamento. Per contro l’azienda dispone di risorse umane caratterizzare da elevate competenze tecniche e di un know how innovativo. Inizialmente è stata svolta, con l’ausilio dell’ufficio amministrazione, un’analisi economica che ha avuto come obiettivo quello di identificare le cause dell’eccessivo aumento dei costi e della bassa produttività. In seguito all’analisi delle modalità di lavoro dell’azienda è emerso che la causa principale di tutti i disfunzionamenti fosse la confusione dei ruoli e la mancanza di organizzazione sia a livello funzionale che a livello operativo.

 

4.2 Il gruppo iniziale

Come già accennato precedentemente, uno dei compiti prioritari del leader è definire i principali confini esterni ed interni del gruppo ed agevolare il processo esterno del gruppo, i processi primari e i processi secondari. Il gruppo preso in esame, lamentava la mancanza di una definizione chiara del confine primario interno e del confine secondario interno, in altre parole una definizione chiara dei ruoli dei singoli elementi che costituivano il gruppo di lavoro. La mancanza di una definizione chiara delleresponsabilità impediva ai collaboratori di coordinarsi con gli altri membri del gruppo con efficacia ed efficienza. La manifestazione di questa difficoltà di interazione era spesso espressa, soprattutto dai collaboratori che ricoprivano ruoli di responsabilità, con affermazioni, rivolte al leader, quali “Non so se posso chiedergli di supportarmi nella mia attività…”.

In altre parole, la mancanza di una gerarchia ben definita, creava disorientamento, rendendo, in alcuni casi, difficili i rapporti (processo interno secondario) tra i membri del gruppo e il conseguentemente svolgimento delle attività lavorative. La mancanza di una definizione esatta del “contenuto” del ruolo, in termini di responsabilità tecnica e organizzativa, portava molto spesso a dimenticare di effettuare, per esempio, degli ordini di materiale, monitorare lo stato degli ordini, oppure non svolgere determinate attività di tipo tecnico, perché non era stata definita, con esattezza, la persona a cui fosse assegnato il compito. L’effetto di queste dimenticanze era causa di ritardi e di un aumento notevole dei costi. Molto spesso il leader, dava per scontato che alcune attività dovessero essere fatte dai responsabili, mentre loro ritenevano che quel particolare tipo di attività non fosse di loro competenza ma del leader. Alcuni responsabili, non sentivano la responsabilità della loro area, ciò si manifestava nella mancanza di organizzazione, in termini di impostazione della modalità di lavoro dei collaboratori piuttosto che della gestione degli archivi. Questo causava un notevole aumento dei tempi di risposta ad eventuali problematiche che potevano sorgere dopo la consegna di una commessa per la mancanza di uno storico.

Per quanto riguarda la gerarchia, a livello più basso, per alcuni collaboratori non era stata definita la posizione rispetto ai responsabili di area, in quanto alcuni di loro operavano all’interno dell’azienda in maniera trasversale. Ciò, come accennato precedentemente, complicava le relazioni, in quanto la richiesta di eseguire un compito doveva passare attraverso l’amministratore. Per superare queste situazioni, i collaboratori si rivolgevano al leader, il quale interveniva assegnando le attività da svolgere. La posizione esistenziale del leader, davanti a queste di situazioni, sembrava essere “Io sono Ok, tu non sei Ok”. In effetti, il leader manifestava disappunto e delusione nei confronti dei collaboratori, che avevano disatteso le sue aspettative, non avendo avuto la capacità di portare avanti le attività lavorative in maniera autonoma, con frasi del tipo “Non si può andate avanti così”, oppure “Con dei collaboratori del genere, l’azienda non ha futuro”. Dall’altro lato i collaboratori si sentivano frustrati a causa degli ostacoli incontrati, manifestando l’insoddisfazione con aggressività, calo di interesse verso il proprio lavoro oppure non trattenendosi al lavoro, oltre l’orario di ufficio, nel casi in cui era necessario.

I membri del gruppo lamentavano anche la mancanza di una comunicazione adeguata con il leader e con gli altri elementi del gruppo, in altri termini la mancanza di unprocesso primario e processo secondario adeguato alle esigenze lavorative. Spesso il leader trasferiva le informazioni necessarie ad eseguire il lavoro in maniera frettolosa e incompleta e in alcuni casi variazioni del prodotto in corso d’opera, non venivano comunicate. Ciò creava continue situazioni di emergenza, generando un notevole aumento dei costi e dello stress lavorativo. Nel trasferire le informazioni ai collaboratori il leader sembrava presentare una forte spinta “sbrigati”, in effetti venivano trasferite molto velocemente, in tempi molto stretti e alcune volte in contesti non adeguati.

La mancanza, inoltre, di una definizione esatta dei compiti, portava molto spesso a dimenticare di svolgere alcune attività, creando in alcuni casi ritardi sulle consegne dei prodotti. Gli errori o le mancanze, non venivano sanzionati, in quanto l’assenza di regole ben precise impediva, in alcuni casi di individuare le responsabilità.

Gli obiettivi lavorativi erano comunque raggiunti anche se in tempi più lunghi, costi più alti rispetto a quelli preventivati. Analizzando le dinamiche del gruppo, sembrava che questo stesse progredendo verso il terzo stadio, cioè verso quella fase caratterizzata dallo sviluppo della coesione in cui i giochi psicologici vengono espressi. I responsabili avevano iniziato ad esplicitare il loro punto di vista rispetto alla modalità di gestione della leadership, esprimendo in maniera chiara il loro disaccordo riguardo all’organizzazione del lavoro, diventato ormai troppo stressante. Come già accennato in precedenza, viste le continue dimenticanze e i conseguenti interventi di correzione, molti lavori venivano eseguiti in condizioni di “emergenza”, facendo slittare la normale pianificazione delle attività e accumulando ritardi sulle consegne. Davanti alle richieste dei collaboratori di organizzazione, il leader delegava questo compito ai responsabili, dicendo frasi del tipo “Pensateci voi”. Con questa frase il leader, in effetti, sembrava rifiutare la responsabilità di leadership di dare struttura all’azienda.

In realtà, lo spirito di gruppo, inteso come cooperazione e coesione finalizzata al raggiungimento di un obiettivo comune, non si era molto sviluppato. Dall’altro lato era evidente, da parte del gruppo una forte e continua richiesta di struttura, in termini di ruoli e di organizzazione del lavoro, tipica dei gruppi che attraversano la prima fase.

Probabilmente, la mancanza di struttura, a lungo andare aveva impedito al gruppo di evolversi in maniera sana, in altri termini aveva impedito che si sviluppasse lo “spirito di gruppo”. Altri fattori che denotavano una definizione poco chiara di un confine interno, in termini di strutturazione del tempo e luogo di lavoro, erano la mancanza di puntualità rispetto all’orario di ingresso da parte di alcuni membri del gruppo e poca attenzione all’ordine nell’ambiente di lavoro. Periodicamentevenivanoorganizzatedelleriunioni,conl’obiettivodifare“ ilpunto” sull’andamento generale del lavoro, in cui il leader invitava tutti i membri del gruppo a maggiore responsabilità. Dopo un breve periodo, in cui sembrava ci fosse un aumento dell’attenzione nello svolgimento dell’attività organizzativa da parte dei responsabili, l’andamento del lavoro ritornava alla situazione iniziale. I responsabili si giustificavano dicendo di non riuscire ad integrare l’attività tecnica con l’attività organizzativa.

 

4.3 La leadership iniziale

La maggiore critica rivolta al leader dai membri del gruppo era la mancanza di una comunicazione adeguata. Come già accennato, la leadership, sembrava essere caratterizzata da una forte spinta “sbrigati” che si manifestava nella modalità, frettolosa, ansiosa e imprecisa, con la quale venivano trasmesse le informazioni necessarie a svolgere il lavoro. Sembrava che l’attenzione del leader fosse orientata in maniera eccessiva sul compito, al “fare”, trascurando la parte di comunicazione, considerata non produttiva.

La spinta “sbrigati” emergeva in maniera evidente, anche quando il leader assegnava ad un collaboratore un’attività che non aveva mai svolto. Davanti alla richiesta di delucidazioni sulle modalità di esecuzione del compito, il leader, dimostrando impazienza, spesso esonerava il collaboratore dall’attività, decidendo di occuparsene in prima persona.

Questo comportamento potrebbe essere assimilato a quello del genitore affettivo negativo che decide di fare i compiti al proprio figlio invece di supportarlo, impedendo che questo, affrontando le difficoltà possa superarle e di conseguenza crescere. Un altro aspetto emerso era la mancanza di sufficienti stroking, da parte del leader, ai collaboratori. Di seguito è riportato un episodio che sembra mettere in evidenza questo aspetto. Un collaboratore, che identificheremo con “A”, chiede un colloquio all’amministratore per discutere una questione importante. Durante l’incontro, comunica che ha preso la decisione di cambiare lavoro in quanto, le attività che attualmente svolge all’interno dell’azienda, risultano essere ormai monotone e quindi poco stimolanti.

Alla domanda, da parte dell’amministratore, riguardo alla tipologia di lavoro che sarebbe andato a svolgere, “A” risponde che si sarebbe occupato dello sviluppo di un nuovo progetto.

Dopo una certa esitazione, sotto la pressione dell’amministratore, il collaboratore dichiara di andare a lavorare per il concorrente diretto dell’azienda. A questo punto, l’amministratore, dopo aver sottolineato ripetutamente la stima nei confronti della persona e del suo lavoro, propone al collaboratore di rivedere la sua decisione, offrendogli la possibilità di occuparsi all’interno dell’azienda di un nuovo progetto.

Il collaboratore, a questo punto dichiara: “Per poter riuscire a parlare un’ora di seguito con te e sapere cosa pensi di me e del mio lavoro, ho dovuto dirti che vado via…”. Questo episodio può essere analizzato da due punti di vista: dal punto di vista del collaboratore e dal punto di vista della leadership. Dal punto di vista del collaboratore,potremmo dire che il comportamento di “A”, in questa situazione sembra essere nel bambino libero, il quale attua strategie da “piccolo professore” per attirare l’attenzione delgenitore affettivo dell’amministratore. “A” è un individuo disponibile e paziente con buona capacità di ascolto, sembra che nella relazione con il leader la sua posizione prevalente sia quella di bambino adattato positivo. Il comportamento di “A” sembra essere finalizzato prevalentemente alla richiesta di carezze positive, piuttosto che a un cambiamento di lavoro. Probabilmente, è proprio questa fame di riconoscimenti positivi, a spingerlo a simulare l’abbandono dell’azienda. Dal punto di vista della leadership, possiamo dire che, probabilmente nella storia dell’azienda sono mancati alcuni aspetti genitoriali, in particolare il genitore affettivo positivo e il genitore normativo positivo. La mancanza esplode periodicamente con richieste molto forti di riconoscimento e struttura da parte dei collaboratori. L’amministratore sostiene che la causa di questo comportamento, apparentemente legato alla spinta “sbrigati”, sia dovuto all’eccessivo carico di lavoro a cui è sottoposto. In effetti, il leader è oberato di lavoro, in quanto oltre a ricoprire il ruolo di direttore generale e mantenere i contatti con i clienti, svolge anche la mansione di responsabile commerciale e direttore tecnico. Emerge una difficoltà a delegare, giustificata dal fatto, che i collaboratori non dimostrano di possedere sufficiente responsabilità nello svolgere il loro lavoro.

 

5 Il gruppo attuale

Come accennato inizialmente, in seguito alla decisione di due collaboratori di cambiare lavoro, il gruppo subisce un grosso sconvolgimento. L’azienda sostituisce i vecchi responsabili con tre nuovi collaboratori assunti con i ruoli di tecnici, e decide di affidare la riorganizzazione e la gestione di alcune tipologie di commesse al socio, al quale viene affidata la mansione di direzione generale. E’ proprio in questo momento che l’amministratore decide, “cavalcando l’onda del cambiamento”, di intraprendere il progetto di riorganizzazione aziendale.

 

6 La leadership aziendale attuale

La leadership attuale, pur non avendo esperienza nel campo dell’organizzazione aziendale, ha cercato di utilizzare i concetti di AT applicati ai gruppi e di mettere in atto queicomportamenti che vengono definiti costruttivi. Alla luce dell’analisi effettuata nei paragrafi precedenti è emersa in maniera chiara la necessità di definire innanzitutto:

-I confini del gruppo.

-Potenziare la comunicazione tra il leader e il gruppo e tra i membri del gruppo stesso.

 

6.1 La riorganizzazione

La definizione dei confini ha avuto come obiettivo quello di definire:

-Ruolo della leadership

-Ruolo dei collaboratori

-Identificare in maniera chiara le aree funzionali dell’azienda

-Strutturazione del tempo e riorganizzazione degli ambienti di lavoro

Per raggiungere gli obiettivi sopra elencati, sono stati utilizzati i seguenti strumenti di riorganizzazione:

-L’organigramma aziendale

-Il mansionario

-Le procedure

 

6.1.1 Organigramma

Prima di definire l’organigramma sono stati individuate le diverse aree funzionali dell’azienda, sia quelle esistenti sia quelle per le quali è previsto un avviamento nel breve periodo. Vista la particolare modalità di lavoro dell’azienda, l’organigramma è stato diviso in due parti principali: quella funzionale e quella relativa alla commessa che “nasce e finisce” rispettivamente con l’apertura e la chiusura del progetto.

Il primo passo è stato quello di definire un organigramma di progetto (FIGURA 1), cioè individuare tutte le figure che partecipano al suo sviluppo stabilendo fra di esse una gerarchia. Per fare ciò sono state individuate le fasi più importanti della vita di una commessa e per ognuna di esse è stato designato un responsabile. Nella parte più alta dell’organigramma, si trova il project manager al quale sono collegati tutti i responsabili delle diverse fasi di vita del progetto e delle relative attività. Il project manager ha il compito di coordinare e monitorare le attività dei responsabili con l’obiettivo finale di rispettare la data di consegna stabilita in fase di offerta.

SCHEMAIMPRENDITORE5

L’individuazione di un project manager per ogni singolo progetto ha consentito di identificare in maniera chiara il leader della commessa con l’obiettivo di dare al team un “punto di riferimento” e una guida. Sulla base delle esperienze passate è stata scritta una procedura dal titolo “Gestione commessa” in cui sono elencate le attività che il project manager e ogni responsabile del progetto deve eseguire. Per chiarire le diverse fasi della commessa è stato tracciato un diagramma di flusso in cui sono state inserite anche le riunioni “fondamentali” di organizzazione e monitoraggio delle attività.

Per facilitare il compito dei responsabili sono stati creati dei moduli attraverso i quali i diversi membri del team si scambiano le informazioni. In occasione dell’applicazione della procedura ad una nuova commessa, da parte della direzione generale in veste di project manager, sono state osservate reazioni diverse tra i collaboratori. Inizialmente alcuni di loro hanno opposto una certa resistenza alla procedura e alla modulistica, nonostante ci fosse stata una richiesta molto forte di organizzazione. Molti di essi temevano che l’eccessiva burocratizzazione avrebbe fatto perdere loro del tempo e all’azienda flessibilità. Per questo motivo sono state pianificate una serie di riunioni con l’obiettivo di formare i collaboratori sulla nuova procedura. In aggiunta a questo, periodicamente il project manager inviava ai diversi responsabili comunicazioni in cui, oltre alla pianificazione di breve termine, venivano rammentate le attività e la modulistica da compilare. In questa prima fase, il lavoro del project manager è stato particolarmente intenso in quanto, oltre alle attività legate al ruolo, è stato necessario affiancare i responsabili. Alla luce dei primi risultati, in termini di ordine, maggiore chiarezza nello scambio di informazioni e conseguimento di obiettivi intermedi, i collaboratori hanno iniziato ad accettare la procedura ed a utilizzare la modulistica.

Dopo una prima fase di resistenza, si è osservato nei collaboratori una crescita di dipendenza dal project manager, il quale veniva interpellato anche per problematiche che i collaboratori erano in grado di gestire in maniera autonoma. Oltre a questo i collaboratori richiedevano continue richieste di conferme sul proprio operato. Potremmo assimilare questa relazione, instauratasi tra il leader e i collaboratori, ad un legame di tipo genitore-figlio in cui il genitore deve supportare il figlio, insicuro, anche in attività nelle quali questo sarebbe autosufficiente. In effetti questa reazione sembrerebbe essere tipica di un gruppo nella prima fase, in cui emerge un bisogno psicologico molto forte da parte dei membri di un leader.

Da questo è emersa la necessità di formare dei collaboratori in grado di assumere il ruolo di project manager, aumentando la loro autonomia, attraverso un processo di empowerment. Per quanto riguarda l’organigramma funzionale, per ogni area, è stato individuato un potenziale responsabile. Come già accennato nei paragrafi precedenti, il personale dell’azienda è formato da personale con competenze prevalentemente tecniche. La scelta dei responsabili delle diverse aree è ancora in fase di studio. Si sta cercando di individuare tra i collaboratori quelli con le potenzialità adatte ad assumere, attraverso un’adeguata formazione, il ruolo di responsabile di area. L’organigramma, oltre ad essere uno strumento di organizzazione molto utile, può essere utilizzato anche come supporto alle analisi di tipo strategico, in quanto consente di individuare in maniera chiara le aree operative dell’azienda, evidenziando oltre ai punti di forza anche i punti deboli.

 

6.1.2 Procedure e moduli

Per gestire tutte le attività svolte all’interno dell’azienda, sono state redatte undici procedure, otto specifiche e circa venti moduli. Come accennato nel paragrafo relativo all’analisi del gruppo nella fase iniziale, una delle richieste principali da parte dei collaboratori era un miglioramento della comunicazione. L’obiettivo delle procedure è stato duplice: migliorare la comunicazione e produrre la documentazione necessaria per gestire in maniera efficiente gli aspetti tecnici della commessa, anche a distanza di tempo dalla consegna.

In termini AT, potremmo dire che lo scopo delle procedure è stato quello di migliorare il processo del gruppo, cercando di creare un clima di collaborazione tra i membri del team di lavoro. Quasi tutte le procedure, moduli e specifiche sono state redatte in collaborazione con il personale presente in azienda, prendendo in esame la modalità di lavoro già esistente, individuando le criticità presenti e causa di disfunzionamento, per poi formalizzare un modus operandi univoco, in cui fosse definito in maniera chiara il compito di ogni collaboratore. Questo approccio aveva l’obiettivo di ridurre al minimo lo stress dovuto al cambiamento, senza danneggiare ciò che all’interno dell’azienda funzionava in maniera corretta. Anche in questo caso la formazione dei collaboratori è avvenuta attraverso una serie di riunioni programmate in cui sono state discusse, insieme ai collaboratori tutte le procedure. Tutte le riunioni sono state impostate in maniera tale da consentire ai collaboratori di dare il proprio contributo al miglioramento della documentazione attraverso feedback, che in alcuni casi sono stati inglobati all’interno delle procedure.

Durante le riunioni, la direzione generale ha cercato di consolidare, sebbene non fosse mai stata dichiarata in maniera ufficiale, la posizione dei responsabili già esistenti nelle aree funzionali dell’azienda, assegnando il compito di applicare e far applicare le procedure relative alla propria area funzionale, secondo il proprio “stile di leadership”. Per responsabilizzare maggiormente i collaboratori, la direzione generale ha stabilito inoltre, che tutte le questioni relative alle diverse divisioni sarebbero state gestite direttamente dai responsabili di area. Eventuali criticità potevano essere sottoposte alla direzione generale direttamente dai responsabili.

 

6.1.3 Mansionario

La stesura del mansionario è una delle attività in corso all’interno dell’azienda. Il mansionario è uno strumento di organizzazione estremamente importante in quanto consente di definire in maniera chiara i ruoli e responsabilità di tutti i membri che operano all’interno dell’azienda. Nel caso preso in considerazione è stato redatto solo quello che potremmo definire il “mansionario di progetto”, cioè il mansionario che definisce le attività dei responsabili che operano nell’ambito delle commesse. A questo mansionario si dovrà affiancare il mansionario legato al ruolo che il collaboratore ricopre nell’azienda a livello funzionale. Da un’analisi dei ruoli necessari al funzionamento dell’azienda è emersa la necessità di individuare tra i collaboratori, figure che possano ricoprire ruoli di responsabilità nell’ambito della gestione delle commesse e di alcune aree funzionali.

Per individuare i collaboratori adatti, è stata presa in considerazione la possibilità di eseguire “un’analisi del potenziale” del personale presente in azienda, finalizzata ad individuare i collaboratori adatti a ricoprire i ruoli responsabilità mancanti. Questo passaggio è particolarmente delicato in quanto tutti i collaboratori sono stati assunti con mansioni di tipo tecnico. Nel caso in cui si individuassero delle figure adatte, sarà necessario ricontrattualizzare la posizione del collaboratore.

 

7 Obiettivi futuri della riorganizzazione

Il gruppo che opera attualmente all’interno dell’azienda è un gruppo composto da individui che hanno diversi livelli di esperienza e maturità lavorativa. Infatti alcuni di loro, oltre a collaborare con l’azienda già da diversi anni, hanno una maggiore esperienza lavorativa rispetto agli altri. Per questo motivo risulta difficile individuare la fase precisa, in termini AT, in cui si trova attualmente il gruppo. Rispetto ai collaboratori che operano in azienda da molto tempo, potremmo pensare ad un secondo stadio in cui stanno emergendo i contrasti legati al cambiamento di leadership e della modalità lavorativa, in cui i collaboratori sembrano richiedere la presenza di un leader “deciso e giusto” che risponda alle loro richieste. Dall’altro lato abbiamo altri individui che lavorano da pochi mesi all’interno dell’azienda e che necessitano di un leader che dia loro struttura e sicurezza.

Gli obiettivi futuri della leadership attuale sono i seguenti:

– Scegliere tra i collaboratori presenti in azienda, oppure cercare altro personale che ricopra i ruoli di responsabilità mancanti, avvalendosi eventualmente di consulenti esterni sia per la “valutazione del potenziale” che per la ricerca di personale;

– Valutare e pianificare la possibilità di effettuare della formazione;

– Guidare il gruppo, in maniera sana, attraverso le fasi successive di vita del gruppo.

 

8 Conclusioni

Questa esperienza ha facilitato l’assimilazione di alcuni concetti base dell’Analisi Transazionale e in particolare dei concetti teorici relativi alle dinamiche di gruppo e alla leadership, attraverso l’analisi di situazioni reali. La formazione in AT, ha consentito di affrontare questo impegno lavorativo con maggiore serenità, fornendo una guida nello svolgimento delle funzioni di direzione.

 

Bibliografia

Berne E. (1966), Principles of group treatment. Trad.it Principi di terapia di gruppo, Astrolabio, Roma 1986.

Clarkson P. (1991), “Imago gruppale e stadi di sviluppo del gruppo”. Trad. it. in Neopsiche, IX, 16.

Ian Stewarte e Van Joines, “L’analisi transazionale”, Garzanti Libri, 2000.

Eric Berne, “Ciao!”… e poi?, Bompiani, 1994.

Eric Berne, “Cosa dici dopo aver detto ciao”, I capitoli inediti di “What do you say after you say Hello?, Archeopsiche, 1993.

Eric Berne, “ A che gioco giochiamo”, Bompiani, 1999.